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IL DECRETO sul finanziamento delle missioni all'estero arriva al voto della Camera in un clima di contrapposizione ...

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La bocciatura della richiesta di scindere il contenuto del decreto conferma infatti lo scenario che si è delineato da tempo: la lista Prodi non parteciperà al voto, Alleanza Popolare-Udeur si asterrà, Verdi, Pdci e Rifondazione voteranno no. A rendere definitivo questo scenario, superando le ultime divergenze, è stata la formalizzazione della scelta dei partiti della lista Prodi per il non voto. Dopo un breve incontro fra segretari e capigruppo di Ds, Margherita e Sdi, anche il presidente socialista Enrico Boselli, che nei giorni scorsi si era dichiarato favorevole ad un voto di astensione, ha confermato l'adesione alla scelta comune per il non voto. Una decisione che lo Sdi accetta, anche alla luce del fatto, ha sottolineato Boselli, che è stato affermato il principio per cui le decisioni si prendono assieme. Alla luce di questa intesa, Fassino si è potuto presentare in aula ad annunciare, come anche Pierluigi Castagnetti per la Margherita e Ugo Intini per lo Sdi, che in caso di respingimento dell'emendamento soppressivo dell'articolo 2, e quindi della richiesta di scindere la posizione della missione in Iraq da tutte le altre alle quali il centro sinistra è un maggioranza favorevole, la risposta dei partiti della lista Prodi sarebbe stato il non voto. Questo perché, non volendo votare contro tutte le altre missioni, resta la critica alla conduzione della guerra da parte americana, all'atteggiamento giudicato compiacente del governo italiano e alla situazione in Iraq che continua ad essere, afferma l'opposizione, quella di un'occupazione militare che deve lasciare il posto alla responsabilità delle Nazioni Unite. Una richiesta di fronte alla quale, secondo la lista Prodi, il governo resta sordo e appiattito sulle posizioni di Washington. Se la lista Prodi ha evitato di presentarsi in modo non unitario alla prima prova del fuoco, ciò non gli ha impedito di trovarsi sotto il tiro incrociato delle critiche da sinistra e da destra. Da una parte infatti le forze di opposizione più legate al movimento pacifista, protagoniste di un principio di ostruzionismo in aula, considerano il non voto una scelta poco chiara e non all'altezza della gravità delle scelte, come ha detto il segretario del Prc, Fausto Bertinotti.

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