Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

GIÀ SOSPESO DA AGOSTO

Esplora:
default_image

Il titolo della Cirio non è più in borsa

  • a
  • a
  • a

È quanto si legge in un avviso di Borsa Italiana datato 5 marzo. Borsa Italiana ha comunicato l'avvio della procedura di revoca dalle negoziazioni delle azioni ordinarie in data 28 gennaio ai Commissari straordinari di Cirio. Non essendo state presentate, deduzioni scritte nel termine previsto, Borsa Italiana ha quindi disposto l'esclusione dalle negoziazioni a decorrere appunto dall'8 marzo 2004. La Cirio-Bertolli-De Rica (questa la denominazione di allora) aveva fatto il suo debutto sul listino di Piazza Affari il 17 agosto 1993, a seguito della scissione della Sme (l'azienda alimentare del gruppo Iri) nell'ambito del processo di privatizzazione dell'Iri, segnando un prezzo di riferimento a fine giornata di 1.146 lire. Nel giugno 1994 la società era passata sotto il controllo pieno di Sergio Cragnotti del quale ha seguito negli anni i destini. Il gruppo a fine 2002 è andato incontro al default, non avendo rimborsato i bond in scadenza, poi nel 2003 il crac è stato accompagnato dall'avvio delle inchieste giudiziarie. L'ultimo prezzo segnato dalla Cirio Finanziaria il 28 luglio 2003, prima cioè della sospensione a tempo determinato e poi a tempo indeterminato (1 agosto) decisa da Borsa Italiana, era stato di 0,174 euro. In precedenza le autorità di controllo, a seguito delle turbolenze sugli scambi per via delle vicende giudiziarie e societarie, avevano deciso la negoziazione del titolo in un'unica asta. Ieri Sergio Cragnotti, interrogato lunedì sul dissesto del gruppo Cirio ha detto che sul crac ha influito il mancato aiuto delle banche. Cragnotti - a quanto si è appreso alla Procura di Roma - nell'interrogatorio non ha avanzato accuse contro nessuno né ha scaricato responsabilità; ma alla domanda su chi fossero i referenti bancari ha citato i fratelli Arpe (Matteo Arpe in Capitalia e Fabio Arpe in AbaxBank). L'ex patron della Cirio - sempre stando quanto appreso in ambienti giudiziari - avrebbe spiegato ogni movimento di danaro da una società a un'altra all'interno del gruppo come se tutte fossero state operazioni normali e nel perfetto rispetto della legge, compreso il passaggio di denaro alla Lazio Calcio. Inoltre avrebbe fatto intendere - riferiscono le stesse fonti - di non essere intenzionato ad accusare nessuno, riconducendo a se stesso la responsabilità delle decisioni prese. Dalla Procura di Roma sono intanto partite numerose richieste di rogatorie all'estero, in particolare per il Canada, il Brasile, le Isole Vergini dove dovrebbero essere fatti accertamenti bancari relativi alle società del gruppo Cirio. Nei prossimi giorni verrà fissata la continuazione dell'interrogatorio di Filippo Fucile. Cragnotti già nel febbraio scorso aveva chiamato in causa le banche. In quell' occasione Capitalia (di cui Matteo Arpe è amministratore delegato) aveva replicato con una nota contestando radicalmente la teoria del mancato sostegno da parte delle banche come causa del dissesto Cirio. «Capitalia insieme ad un pool di banche - precisava la nota - si era dichiarata disponibile, nel periodo immediatamente antecedente la scadenza del prestito obbligazionario a sostenere ulteriormente il gruppo».

Dai blog