«È inutile che Cragnotti resti in cella»
L'ex patron della Lazio è stato infatti ascoltato dai magistrati romani nel carcere di Regina Coeli per la prima volta, escluso l'interrogatorio di garanzia, dal giorno dell'arresto. «Non aveva senso sentire Cragnotti nel penitenziario, poteva rispondere anche a casa». Sono duri gli avvocati dell'ex numero uno del gruppo agro-alimentare nei confronti dei giudici che hanno lasciato in cella il finanziare romano. «Il nostro assistito ha ripercorso tutta la storia della Cirio e tutte le operazioni intragruppo - ha dichiarato il penalista Giulia Bongiorno - rimane misterioso il motivo per cui Cragnotti debba restare detenuto visto che oggi non ci sono state nuove contestazioni rispetto a quelle contenute nell'ordinanza di custodia cautelare». Sarebbe provato dalla misura restrittiva l'ex patron della Lazio, ma sarebbe comunque riuscito con lucidità e chiarezza a rispondere per sei ore alle domande dei magistrati che indagano sul dissesto della Cirio, i pm Tiziana Cugini, Gustavo De Marinis, Rodolfo Sabelli, coordinati dal procuratore aggiunto Achille Toro, sottolineando inoltre che non si opporrà a rogatorie internazionali. La procura di Roma, che ha ipotizzato nei confronti di Sergio Cragnotti i reati di concorso in bancarotta fraudolenta, truffa e falso in comunicazioni sociali, ha quindi chiesto all'ex presidente della Cirio di spiegare anche tutte le operazioni finanziarie effettuate negli anni finiti nel mirino della magistratura. Ieri pomeriggio è stato interrogatorio in cella anche il genero di Cragnotti, Filippo Fucile. Quest'ultimo, come il finanziere, si è visto respingere il 25 febbraio scorso la richiesta di scarcerazione dal Tribunale del Riesame. In quell'occasione l'indagato numero uno dell'inchiesta sul dissesto della Cirio aveva affermato più volte che non esiste nessun tesoro nascosto all'estero e che se l'azienda è fallita la colpa semmai sarebbe da individuare nel comportamento degli istituti di credito. Accusa subito respinta dalle banche. Per quanto riguarda invece i bond Cirio Cragnotti aveva aggiunto che erano stati «piazzati» dalle banche e non ai migliaia di risparmiatori che oggi stanno denunciando in diverse procure italiane anche i singoli operatori finanziari che gli hanno «indicato» di acquistare bond dell'azienda agro-alimentare. A infuocare la vicenda Cirio anche il botta e risposta tra la procura di Roma e quella di Milano. I pm milanesi, che indagano sul caso Cirio, non invieranno infatti gli atti dell'inchiesta ai colleghi di Roma. Nei prossimi giorni sarà trasmessa in Cassazione una memoria nella quale i pm lombardi, che hanno invece ipotizzato il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, spiegheranno, sotto il profilo tecnico e giuridico, i motivi della loro decisione sollevando così il conflitto di competenza. E da giovedì al via anche gli interrogatori di sei dirigenti di banca indagati dalla pm di Monza, che a differenza dei colleghi di Milano, avrebbero già inviati gli atti dell'inchiesta ai magistrati di Roma. Au.Par.