La Guardia di Finanza accusa Consob: «Se avesse operato bene avrebbe fatto emettere meno bond»

È quanto sottolinea in un rapporto inviato alla Procura di Monza, la guardia di finanza di Seregno che ha condotto l'indagine coordinata dal pm Walter Mapelli e chiusa qualche settimana fa con 27 indagati, tra i quali anche Sergio Cragnotti e il genero Filippo Fucile. Le fiamme gialle, in particolare, hanno sottolineato che «le partite oggetto di osservazione e contestazione al 31.12.2001 erano presenti anche nel bilancio al 31.12.2000 per le quali la Consob non ha provveduto a formulare alcun rilievo». Nel rapporto viene infatti evidenziato che, dopo una richiesta di chiarimenti sulla massa di crediti infragruppo nel giugno 2000, solo nel 2002 la Consob ha contestato a Cirio le violazioni del quadro normativo. «Se le informazioni (relative agli impegni covenants e negative pledges previsti nei prestiti obbligazionari che nel bilancio Cirio non trovano alcuna corrispondenza) - riporta il rapporto della Gdf - richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni necessarie allo scopo». Il gruppo Cirio alla fine del dicembre 2000 era già «in agonia finanziaria», è scritto ancora nel rapporto della Gdf che, per dimostrare che il 31.12.2001 il gruppo agroalimentare era già «in agonia», nel loro rapporto riportano alcune circostante: tra queste il fatto che «gli istituti di credito esposti decidono di rientrare nell'ordine di idee di disimpegnarsi dal gruppo». Inoltre, è sottolineato nell'informativa, «come si evince al 31.12.2000 il Gruppo Cirio si trovava nella stessa situazione finanziaria che nel novembre del 2002 (...) ha comportato la dichiarazione di default del trustee». E poi più avanti che «la dinamica finanziaria (...) negli esercizi 2001 e 2002 appare sempre più ispirata a logiche di tamponamento delle emergenze più che di gestione strategica. I bilanci delle varie società emittenti delle prime notes evidenziano difficoltà a pagare le rate degli interessi, che presumibilmente vengono onorate grazie a finanziamenti concessi dalle altre società del Gruppo che emettono le notes successive». Quanto alle banche - quelle aderenti al consorzio di collocamento dei bond - gli investigatori hanno constatato che «pur consapevoli di quanto stava accadendo, nelle emissioni obbligazionarie, con esclusione del secondo prestito obbligazionario, hanno sempre consentito al Gruppo di avere dei margini per far fronte ad una successiva emissione ben consapevoli comunque che i bond sarebbero andati in mano al retail (risparmiatori) in quanto il mercato tirava». E, ancora, nel rapporto si sottolinea che per quanto riguarda i fatti contestati agli istituti di credito che hanno organizzato e partecipato al consorzio di collocamento delle emissioni, è stato permesso alle banche interessate «ed esposte nei confronti del gruppo Cirio, di rientrare dai propri affidamenti, con danno per le parti offese, acquirenti dei titoli, consistito nella perdita integrale del valore del proprio credito obbligazionario - recita il documento - e con l'aggravante di aver cagionato alle parti offese un danno patrimoniale di rilevante entità e di aver abusato delle relazioni di prestazione d'opera». Inoltre evidenziando che « in tale vicenda ciò che prevale è solo il profitto individuato» l'informativa - nelle conclusioni - evidenzia che «per le banche lead manager» è stato dato «percepire commissioni legate al collocamento dei titoli nonchè nel percepire un ricavo dato dalla differenza tra il prezzo delle emissioni delle obbligazioni nel mercato primario e quello di collocamento nel cosidetto grey market». I rapporti tra Cirio e le banche potrebbero essere al centro anche degli interrogatori, in programma per lunedì prossimo nell'agenda dei pm romani che indagano sull'ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta, del patron Sergio Cragnotti ed del gene