Fini: «La protesta sulle pensioni è sbagliata»
I rappresentanti del governo bocciano in pieno l'iniziativa dei sindacati che, contestando l'accelerazione impressa alla delega previdenziale in Senato, si accingono, mercoledì prossimo, a proclamare lo sciopero generale per il 26 marzo. La protesta dovrebbe essere annunciata quindi proprio nel giorno in cui la delega sulla previdenza, dopo un breve passaggio martedì in aula al Senato, potrebbe - come annunciato dal ministro del Welfare, Roberto Maroni - tornare in commissione Lavoro per un ulteriore confronto con l'opposizione. Mentre il governo si dice disponibile a ulteriori confronti, sia con le forze sociali sia con l'opposizione, le controparti giudicano poco credibile l'iniziativa e si accingono ad una doppia battaglia: in piazza e nelle aule parlamentari. Il primo a esprimersi contro lo sciopero è stato il vicepremier, Gianfranco Fini. A suo avviso, l'iniziativa dei sindacati confederali, a cui si è unita ieri anche l'Ugl, è sbagliata, anche se si tratta di un diritto «sacrosanto e legittimo». Ma «rischia di essere una protesta contro le pensioni, poiché la riforma presentata dal governo è indispensabile per garantire il futuro previdenziale delle giovani generazioni». «Continuiamo - ha detto il vicepremier - il confronto con le parti perché, come dimostra la vicenda delle pensioni, in questo modo possono essere recepiti dal governo suggerimenti, spunti e indicazioni dei sindacati». Anche per il ministro delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, «lo sciopero è sbagliato e il confronto deve continuare», anche se si tratta di una protesta «legittima» visto che, all'interno della compagine governativa, «qualcuno ha dato la sensazione di tentennare». Il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, ha sottolineato invece come nella partita sulle pensioni «il governo non ha mostrato alcuna rigidità, si è confrontato, si è seduto al tavolo e continuerà a farlo se ci saranno le condizioni, e sono certo che ci saranno, con le parti sociali». Il segretario dell'Udc, Marco Follini, è deciso: «Sono iscritto al partito del dialogo, ma dico anche che a un certo punto bisogna decidere come hanno deciso tanti altri Paesi europei».