LA PROCURA di Parma interverrà con una memoria di comparizione nel giudizio civile avviato dal commissario ...

Lo ha reso noto il Procuratore della Repubblica della città emiliana Vito Zincani. «La Procura ha deciso di intervenire nell'azione civile - ha spiegato ai cronisti Zincani - perchè è evidente in questo caso il pubblico interesse. Depositeremo la memoria e ci riserviamo di produrre altra documentazione». Carte che potrebbero pesare non poco sull'azione lanciata da Bondi: «In questo caso è fondamentale l'intervento - ha ribadito il Procuratore - perché la Procura possiede documenti che non sono nella disposizione di altri». Dunque i magistrati scendo in campo al fianco del commissario straordinario di Parmalat secondo il quale amministratori e amministratori di fatto devono rispondere personalmente del buco Parmalat che ammonta ad oggi a circa 14,3 miliardi di euro. Ma chi sono i «responsabili» tenuti a rispondere con i propri beni? Si tratta di 27, tra sindaci e amministratori e nello specifico Calisto Tanzi, presidente del cda dal 28 luglio 1998 al 15 dicembre 2003, Stefano Tanzi, consigliere, Giovanni Tanzi, vicepresidente del consiglio di amministrazione, Paolo Tanzi, consigliere, Pier Giovanni Tanzi, consigliere. E ancora Paola Visconti, Fausto Tonna, consigliere e membro del comitato esecutivo, Luciano Del Soldo, Gian Paolo Zini, Giovanni Bonici, Gianfranco Bocchi, Claudio Pessina, Franco Gorreri, Francesco Giuffredi, Luciano Silingardi, Domenico Barili, Alberto Maurizio Ferraris, Pietro Mistrangelo, Paolo Sciumè, Enrico Barachini, Oreste Ferretti, Mario Brughera, Massimo Nuti, Giuliani Panizzi, Antonio Gherardi, Antonio Bevilacqua e Davide Fratta. Rispetto a queste 27 persone, dunque, il commissario Bondi ha depositato presso il Tribunale civile di Parma la richiesta di sequestro conservativo dei beni personali e crediti, anche presso terzi, e delle quote o partecipazioni azionarie possedute fino alla concorrenza della somma svanita. Una causa miliardaria, dunque, perché, secondo Bondi, i sindaci e gli amministratori sono «sicuramente» responsabili dello stato delle immense perdite cagionate. Un danno che deve essere quantificato «nella differenza tra attivo e passivo fallimentare a meno che gli ex amministratori convenuti riescano a provare che le perdite accertate e il dissesto societario non siano dipesi da atti pregiudizievoli da loro posti in essere» (Tribunale di Roma, 9 luglio 2001, Diritto e Pratica delle società).