Cinema, Urbani minaccia le dimissioni
Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali ha non si è recato al consiglio dei ministri di ieri per «l'inopinata impossibilità di discutere e approvare il decreto-legge proposto già una settimana fa». Urbani ha anche scritto una lettera riservata al presidente del Consiglio, nella quale ha peraltro precisato di «restare a Sua completa disposizione, confidando in una sollecita definizione di un problema così delicato, dal quale dipendono finanziamenti - peraltro già previsti dalla legge - al Cinema e al Teatro, alla Musica e ai Beni Culturali in generale, con particolare riguardo a una rilevante quantità di lavoratori precari attualmente impegnati a sostegno della tutela del Patrimonio artistico nazionale». Berlusconi non ha risposto ma si attende che convochi Urbani nelle prossime ore. Gabriella Carlucci, showgirl e deputata di Fi si schiear con il ministro: «Ha ragione, ma serve più trasparenza». L'opposizione al decreto legge del ministro Urbani è giunta da molte parti e - secondo quanto si è appreso da ambienti vicini al ministro - si è concentrata, da un lato, sul problema del finanziamento del provvedimento e, dall'altro, sui contenuti delle norme che riguardano la pirateria sul web del materiale audiovisivo, in particolare i film. Un'opposizione che ha fatto in modo che il decreto non venisse discusso dal Consiglio dei ministri, come era stato annunciato la settimana scorsa. Per quanto riguarda la copertura finanziaria, pari a circa 100 milioni di euro, il ministero dei beni e attività culturali avrebbe infatti contribuito da una parte, con i propri fondi e, dall'altra, con i proventi di una sorta di «Gratta e Vinci» da tenersi nei cinema italiani. Ad opporsi - hanno osservato gli stessi ambienti - oltre al ministero di Tremonti, sarebbe stato anche quello del lavoro: in particolare, per quanto riguarda la sistemazione dei lavoratori precari impegnati a sostegno della Tutela del Patrimonio artistico nazionale (i cosidetti lavoratori Ales). Altre osservazioni sarebbero giunte dal ministero di Lunardi. In sostanza, il dicastero avrebbe avocato a sè i fondi 2003 di Arcus - società creata dal ministero dell'Economia ma gestita dai Beni culturali - finanziata con il 3% dei fondi per le grandi opere. Arcus (Arte, Cultura e Spettacolo) è una società che si occupa di Beni culturali e la richiesta di Lunardi è giudicata al ministero dei beni culturali contraria a quanto stabilito sia dalla finanziaria 2003-2004, sia dalla costituzione stessa di Arcus.