di FABRIZIO DELL'OREFICE «MA lo sa perché non mi hanno voluto nel Listone? Perché ho ...
Antonio Di Pietro non ci sta. Non ci sta a rimanere in silenzio, tuttavia non ci sta nemmeno ad attaccare l'Unità, il giornale a lui più vicino che ha sparato a zero sul condono fiscale di Berlusconi e poi ha aderito. Così come tutta la sinistra, dalle Librerie Rinascita alla casa editrice dei girotondini, Editori Riuniti. Ma, alla fine di un lungo tira e molla, Di Pietro si lascia andare e spara la sua sentenza, anche se generalizzata: «Se il Polo fa una rapina non significa che possiamo farla anche noi. Insomma, non siamo autorizzati a farla anche noi». Senatore, cominciamo dall'inizio. All'appello di Fassino di votare assieme sull'Iraq, lei risponde picche? «Tutta l'analisi di Fassino è corretta, poi però arriva a conclusioni sbagliate. Davvero non capisco, dovrebbero avere il coraggio di andare fino in fondo e votare chiaramente no». Anche se ci sono missioni sotto l'egida Onu? «Bisogna fare la battaglia forte per chiedere lo scorporo della missione in Iraq da tutto il resto. Se non c'è, il voto più naturale è un no, piuttosto che un ni». E il Listone dice troppi ni? «È una lista fatta per ottenere una percentuale, non per realizzare un programma come invece si prefigge la nostra». In che senso, scusi? «Nel senso che noi siamo moderati nella ricerca dei voti ma radicali sui contenuti». E loro? «Loro no, ci sono troppe ipocrisie». A che cosa si riferisce? «Troppe ipocrisie». Senta, senatore. Fassino e Bertinotti sono andati a Collecchio dai lavoratori Parmalat, Fini ci andrà sabato. Dopo Nassiriya sarà una campagna elettorale sulle angosce degli italiani? «È dovere degli italiani occuparsi dei problemi degli italiani. Su Parmalat, è vero: siamo alla processione. Mi puzza tanto di captatio». Anche perché molti politici si recavano da Tanzi prima del crac? «Tanzi è stato magnanimo con la destra e con la sinistra per molti anni. Noi siamo tra i pochi, pochissimi, anzi gli unici che non ci sono mai andati. E siamo gli unici che stanno con i risparmiatori tanto che abbiamo promosso un'azione collettiva di responsabilità. Sottoscriverla è stare con i risparmiatori». Ma lei che cosa pensa dell'indagine sul governatore Fazio? «I magistrati hanno fatto bene, hanno fatto il loro dovere. Quando c'è una denuncia devono iscriverlo nel registro degli indagati. Ma chi ha fatto la denuncia, rifletta: quello è un cerino che può tornare indietro e bruciarti le mani». La sua sensazione? Fazio colpevole o innocente? «Non posso dirlo. Ma penso che un capo d'azienda non può sapere tutto». Un capo d'azienda? «Sì, scusi, volevo dire un capo e basta». A chi stava pensando? «A Gianni Agnelli. Mi ricorda l'indagine Fiat. Arrivammo a Romiti ma non andammo oltre». Anche con Prodi lei fece così... «Con tutti ho sempre fatto così. Salvo quando c'erano riscontri che invece il capo sapeva» Torniamo alle ipocrisie. Lo è anche fare una battaglia contro il condono e poi chiedere la sanatoria come ha fatto l'Unità? «E allora che cosa dovremmo dire di Berlusconi? Ha affermato che ci sono politici che rubano, e ha ragione. Allora non candidi chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato». Sta pensando a Frigerio? «A Frigerio, a Vito e a tanti altri. Tanti anche di sinistra». Insomma, anche il Listone predica bene e razzola male? «È un'operazione elettorale. Sa perché non hanno voluto Di Pietro?». Perché? «Perché ha pochi capelli? Noooo. Perché non si è fatto ancora il lifting? Noooo. Perché è l'unico a parlare ancora di questione morale. Anzi, riteniamo che debba essere centrale per il nuovo Ulivo». Anche per l'Unità? «Come?» Anche per l'Unità, dico? «Quello che posso dire è che se Berlusconi fa una rapina non è che possiamo farla anche noi».