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di FABRIZIO DELL'OREFICE DICE a sera Gianfranco Fini: «In queste circostanze una mia ...

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Il problema è che su questi temi non ci si può dividere tra tifosi della curva nord e tifosi della curva sud, fazzisti e antifazzisti. Dobbiamo solo ricordare che oggi c'è l'euro che coinvolge 12 paesi dell'Unione europea. C'è una Banca centrale europea, con questo dobbiamo fare i conti. La Banca d'Italia è un'istituzione centenaria concepita quando era necessario tutelare la lira. Oggi non è più così». È un punto fermo, anche uno stop all'interno della Casa delle Libertà a chi si prepara ad andare a fondo sul Governatore. Che cosa sta accandendo all'interno dell'esecutivo? Per capirlo bisogna fare un passo indietro, precisamente alla notte tra martedì e ieri. Palazzo Grazioli, casa Berlusconi. Ci sono ospiti Giulio Tremonti e Umberto Bossi. Si parla di Alitalia, ma le chiacchiere scivolano subito sull'argomnto del giorno: Fazio indagato. Il ministro dell'Economia fa un esame abbastanza cupo della situazione, lascia intendere che potrebbe iniziare quella che un esponente leghista come Roberto Maroni chiama la «tangentopoli bancaria». Insomma, che con l'iniziativa di Trani cominci un processo a cascata che travolga, come fu Mani Pulite, l'intero sistema creditizio. Tremonti sa bene che un'ipotesi del genere sarebbe gravissima per tutto il Paese e porterebbe ad effetti disastrosi sull'immagine dell'Italia. Di qui, il tarlo di qualche mese: fare qualcosa per evitare tutto ciò. Bossi segue tutto il ragionamento e spalleggia il buon Giulietto. «Va bene, va bene», annuisce Berlusconi che tira le somme. Tremonti non parla esplicitamente, ma fa capire che non si può più difendere alcuni banchieri. Il Senatùr si spinge oltre e ammonisce contro quelli che nel sistema creditizio «rappresentano il potere romano». Il Cavaliere non ci sta e frena tutti: calma, calma. Il premier è chiaro. «Se state pensando a Geronzi, lasciate stare», dice. Insomma: non può essere lui l'agnello sacrificale per evitare il collasso del sistema Italia. Berlusconi non transige e gira il problema, come al solito quando non vuole affrontare oltre le questioni. E punta l'indice proprio su Antonio Fazio. Oramai, è il suo ragionamento, la sua immagine è compromessa. Meglio a questo punto offrire la sua testa per accontentare i risparmiatori ma soprattutto gli investitori internazionali. Tremonti non ne è molto convinto: «Rischiamo di puntare ad un obbiettivo senza ottenere risultati». In altre parole, Fazio non si schioderà. Il Cavaliere non condivide: «Mi aspetto un gesto di coraggio dal governatore». S'è fatto tardi, è notte fonda quando il ministro dell'Economia e il leader della Lega abbandonano casa Berlusconi soddisfatti a metà: almeno un risultato l'hanno ottenuto, l'importante è non restare a guardare ma mandare un segnale chiaro, dare una scossa al sistema. Il premier fa sul serio tanto che quando si reca a Palazzo Chigi di primo mattino, ieri, chiede ai suoi collaboratori di mettersi a studiare un modo, una via d'uscita. Si studiano le pieghe del ddl risparmio, si valutano le varie ipotesi per cancellare il mandato a vita del governatore. Agli alleati non viene detto nulla. Quando intorno alle 17 Bossi commenta l'indagine su Fazio dicendo: «Poveraccio, ha già dei problemi...», scopre le carte. Fini, che non sa ancora nulla, capisce subito quali sono stati gli esiti del vertice notturno. Chiama il demosristiano Casini, il quale a sua volta telefonerà Fazio per solidarizzare. Il vicepremier è un uomo di destra e sceglie un'altra strada. Va in tv e pone il suo stop. Ma la partita è appena iniziata.

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