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Il presidente della Regione Lazio, Storace, prende le distanze dal Senatur: «A volte si comporta come un federale»

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La tensione della vigilia si è stemperata ieri nella concordia anche se la Lega resta vigile e pronta a riaprire la partita. La maggioranza ha raggiunto il tanto sospirato accordo sulle riforme, in particolare ha sciolto il nodo del Senato federale e sulla cosiddetta contestualità. Dopo oltre due ore di vertice di maggioranza a Palazzo Chigi il premier, Silvio Berlusconi, il ministro per le Riforme, Umberto Bossi, e il vicepremier, Gianfranco Fini, hanno trovato l'intesa. Bocca cucita da parte di Bossi, mentre il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoni, ha annunciato che «c'è intesa sulla contestualità, ma sono state trovate le quadre anche sugli altri articoli del provvedimento». Calderoli ha quindi puntualizzato: «Non c'è l'accordo con l'Udc, c'è un accordo della CdL». E a chi gli ha chiesto se fosse rientrata la minaccia di lasciare l'esecutivo, il vice presidente del Senato ha tagliato corto: «Se la legge verrà votata, visto che c'è una proposta condivisa da tutti, va bene, altrimenti si va a casa». Ottimista il premier, Berlusconi: «Abbiamo affrontato e trovato una soluzione per l'ultimo problema ancora aperto - ha detto -. Procediamo in accordo con tutti coloro che fanno parte della coalizione». In serata l'accordo è stato discusso in una cena a palazzo Grazioli fra Berlusconi, Bossi, Calderoli e Tremonti. Raggiante l'Udc. Marco Follini si è detto soddisfatto, in quanto «la nostra proposta sul Senato federale è diventata la proposta di tutta la coalizione». «Il compromesso utile alla causa - ha aggiunto Follini - prevede una "contestualità ragionevole" che esclude una subordinazione gerarchica del Senato alle Regioni». In sostanza, nell'emendamento presentato dall'Udc viene esclusa la possibilità che in caso di crisi in un Consiglio regionale a decadere sia anche il Senato federale. L'emendamento dell'Udc prevede anche che i senatori eletti contestualmente ai Consigli regionali durino in carica cinque anni. Lo scioglimento del Consiglio regionale non avrà conseguenze per il Senato federale. Quanto al numero dei senatori, il relatore lascerà alla decisione dell'assemblea stabilire se dovrà essere composta da 200 o 250 parlamentari. «È importante comunque - ha evidenziato il relatore del disegno di legge sulle riforme costituzionali, D'Onofrio - che la posizione espressa è di tutto il partito e non solo dei senatori dell'Udc». D'Onofrio ha anche depositato in aula il subemendamento sulla contestualità. L'aula inizierà a votare gli emendamenti all'art. 3 sulla composizione del Senato federale stamattina, in base al nuovo calendario deciso dalla conferenza dei capigruppo e approvato dall'assemblea di palazzo Madama, che ha respinto la proposta delle opposizioni di rinviare in commissione gli articoli 3 e 12 del disegno di legge di riforme costituzionali (sulla composizione e sulle funzioni del futuro Senato federale). Sull'esito del voto si è detto ottimista il vicepremier Gianfranco Fini, mentre il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha lanciato un richiamo a lavorare per il bene del Paese oltre le logiche di appartenenza. Intanto, ieri il presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, ha preso le distanze dal leader della Lega. «Certe volte Bossi - ha detto - con la sua irruenza più che un federalista sembra un federale». A suo avviso, «non è neppure prudente» far partecipare Bossi alla manifestazione del 27 marzo a Roma per festeggiare il decennale del successo della CdL.

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