Senza federalismo Bossi uscirà dal governo

La conclusione del Consiglio federale della Lega, con la minaccia di uscire dal governo se si bloccheranno le riforme, ha fatto irrigidire l'Udc, che preannuncia ora di considerare la sua nuova proposta sul Senato federale non più come una mediazione, bensì come una «condizione politica». Oggi il vertice della CdL da Berlusconi dovrà sciogliere i nodi. L'oggetto del contendere è sempre lo stesso: la contestualità dell'elezione dei senatori delle regioni con i Consigli regionali. Contestualità prima imposta da Bossi alla CdL e poi rigettata dai senatori dell'Udc e da altri senatori di Forza Italia e An, primo tra tutti l'«azzurro» Luigi Grillo. Nel week-end è emersa la contro-proposta dell'Udc, spiegata da Maurizio Ronconi: «Sarà mantenuto il principio - spiega - della contestualità delle elezioni Regionali e di quelle del Senato federale, che però resterà comunque in carica cinque anni». Insomma, è il contrario di quanto chiedevano il Carroccio e alcuni governatori, come Roberto Formigoni e Giancarlo Galan. Ieri il consiglio federale della Lega si è concluso con due decisioni che hanno sconcertato l'Udc: la minaccia di Bossi di uscire dal governo se si bloccheranno le riforme e l'annuncio che alle amministrative correrà da sola e non con la coalizione. Visto che l'Udc non aveva mai messo in discussione le riforme in quanto tali, la minaccia non ha fatto che irritare il partito di Follini, già perplesso per le recenti esternazioni del premier da Atene, da taluni interpretate come la volontà di costringere nell'angolo gli alleati. Terminato il consiglio federale, Roberto Calderoli ha spiegato i risultati della riunione. «Il consiglio federale ha dato pieno mandato al segretario Bossi con la possibilità di uscire dal governo se si dovesse verificare un blocco del processo di riforma federalista - ha detto -. Siamo entrati nella CdL perché era stato fatto un accordo per il federalismo. Se venisse meno la possibilità di realizzarlo, è chiaro che sarebbe inutile la presenza della Lega al governo». «Ci rendiamo conto - ha proseguito il coordinatore delle segreterie federali leghiste - di difficoltà per realizzare il progetto, ma è necessario che il progetto vada in porto. Sono ancora convinto che ci sia uno spazio». Interpellato sulla riforma delle pensioni, Calderoli ha detto: «Lo scalone delle pensioni è diventato un mezzo scalino». Calderoli ha quindi aggiunto che alle amministrative del 12 e 13 giugno «è stata confermata la decisione iniziale di presentare propri candidati e una propria lista». Nel pomeriggio D'Onofrio ha incontrato Follini e nel colloquio è emersa la condivisione della nuova proposta da portare domani al vertice della CdL. «Domani mattina (oggi per chi legge, ndr) - ha spiegato D'Onofrio - ci sarà la riunione dei senatori dell'Udc: il testo che uscirà da quell'incontro verrà da noi sottoposto agli alleati politici come una questione politica». Al vertice saranno presenti tutti i segretari della maggioranza. A parte la minaccia, il Carroccio non si è ancora espresso sulla nuova proposta D'Onofrio. Bossi potrebbe anche accettarla, visto che finora ha incassato molte altre cose sulle riforme oppure ribadire la richiesta iniziale. Non sono mancate le reazioni. «Le minacce di crisi di Bossi non contano perché la pistola è scarica. Se ci sarà la cosiddetta contestualità affievolita, e cioè se il Senato federale avrà una durata indipendente da quella dei Consigli regionali, allora ci sarà il sì di tutto il gruppo Udc al Senato - ha dichiarato Maurizio Ronconi, senatore dell'Udc -. In questo caso si farà il Senato federale, ma non sarà come qualcuno avrebbe voluto una camera morta, un cimitero degli elefanti, bensì un Senato autorevole». Parlando della questione del Senato federale, Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Forza Italia, ha detto che «bisogna dare atto al senatore D'Onofrio della grande passione politica e della grande competenza nell'affrontare questi problemi così delic