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Esplode la rabbia dei bond-people

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È un senso di sfiducia e di abbandono quello che prevale a due mesi dall'inizio del calvario Parmalat, tra i tanti risparmiatori che hanno visto andare in fumo i propri risparmi, investiti in azioni e obbligazioni del gruppo di Collecchio. Con questo stato d'animo, sfidando la giornata piovosa e i marciapiedi coperti di nevischio, un centinaio di persone ieri si è riunita al Teatro Anteo di Milano per conoscere le proposte dell'ultima nata, «Obiettivo Risarcimento Parmalat». Ascoltano gli interventi di parlamentari ed avvocati invitati a spiegare la situazione: qualcuno prende appunti su un foglietto di fortuna, qualcun altro sbatte i piedi e gesticola, commentando l'inutilità di tante parole. «Parlate pure, intanto la mia pensione non c'è più», alza la voce un uomo di mezza età dalla platea, mentre altri parlottano e definiscono le proposte soltanto «aria fritta». La denuncia di rito alla Procura della Repubblica l'hanno fatta praticamente tutti, alla notizia dello scandalo, ma ora? «Che altro si può fare?», si chiede Marina, che è arrivata da Genova, per capire come poter riavere almeno parte dei risparmi investiti in obbligazioni dalla madre, una vedova di una certa età che vive sola. «Cerchiamo di capire, ci informiamo - aggiunge - non pretendiamo di ricevere indietro tutto, ma almeno l'80% dei soldi di una vita, che mia madre aveva messo da parte». «Sono stato fregato con le mie stesse mani», sbuffa Giancarlo, pensionato di Milano che di lavoro faceva il dirigente amministrativo. «Subito avevo pensato di vendere, ma poi il promotore finanziario mi aveva consigliato di aspettare. E invece, c'è stato un miglioramento fittizio e ora ci ritroviamo ad essere dei perfetti sconosciuti coinvolti in una situazione che è un disastro». Che però si poteva evitare, assicura un signore brizzolato in giacca e camicia che si qualifica semplicemente come un investitore: «Accedendo alla Centrale Rischi di ogni banca si poteva vedere chiaramente che il bilancio della Parmalat era falso». Ma i cittadini non pensavano certo che ci fosse bisogno di controllare lì: «Parmalat è un gruppo alimentare di grande calibro, perchè non avremmo dovuto fidarci?», commenta una signora, lasciando la riunione a braccetto con il marito. «E se viene a mancare la fiducia?», si chiede Marco Canepa, 28 anni, operaio di Genova: «Io non sono azionista di Parmalat, ma sono un investitore sul mercato italiano e posso dire che questo è di fatto un sistema per truffare la gente: ho sempre investito in fondi comuni azionari e titoli italiani e dai 93 milioni di capitale che avevo nel 1993 ora sono in rosso. A questo punto non mi fido più e i miei prossimi investimenti li farò solo sull'unico mercato in grado di creare tutela sul lungo periodo, l'America». E, intanto l'ultima nata in materia di associazioni a difesa dei Parmalat-people, «Obiettivo Risarcimento Parmalat», che ieri ha raccolto 300 adesioni, mette sul tavolo la sua strategia: servono class action, una proposta di legge per ottenere il risarcimento danni e l'avvio di un'azione penale contro i responsabili. Verrà portata avanti - spiega il coordinatore Roberto Portinari - una proposta di legge per la creazione di un fondo per i rischi di Borsa, da finanziare con «un aumento della tassazione sul capital gain dal 12,5% al 15% (in Francia è del 25% e in Germania del 30%)» una cioè «assicurazione sulle truffe». E, ancora, nella strategia c'è la cosiddetta class action, una causa a costo zero avviata negli Stati Uniti che, promossa per conto di soggetti nella medesima condizione, cerca di sfruttare i tempi rapidi della giustizia americana e permette, in caso di vittoria, di spartire equamente il risarcimento. A tutti poi si suggerisce, se non l'hanno già fatto, di costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta in corso a Parma.

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