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Capitalia, Geronzi: non decidevo sui prestiti

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«Non ho poteri sull'erogazione crediti. Abbiamo rispettato le regole, ci siamo fidati dei revisori»

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E poi «la banca ha supportato un'impresa che era affidabile per tutti». In circa trenta cartelle lette con tono serrato quasi di volata, senza lasciar trasparire alcun nervosismo, Cesare Geronzi presidente di Capitalia ha ricostruito all'audizione sul Risparmio in Senato, il ruolo del gruppo creditizio nelle vicende Cirio e Parmalat. Ma soprattutto si è tirato fuori dalle decisioni sull'elargizione del credito alle aziende in questione scaricando tutta la responsabilità agli organi amministrativi dell'istituto e al Comitato crediti. «Il presidente non ha poteri» ha detto. Il Comitato Crediti è presieduto dall'amministratore delegato ma Matteo Arpe ha detto chiaro e tondo che durante la sua gestione nessun finanziamento è stato concesso alle due società. In un sottile gioco di sponda con Geronzi che si fa sfuggire un amichevole Matteo mentre il giovane Arpe resta inchiodato rispettosamente al «lei», i vertici di Capitalia hanno rilanciato l'immagine di un gruppo che come le altre banche ha creduto alle valutazioni delle società di revisioni su Cirio e Parmalat e che alla fine è corso ai ripari per ristabilire il rapporto di fiducia coi suoi clienti. E non solo. Capitalia, ha sottolineato Arpe, negli ultimi anni ha ridotto, «le sofferenze del gruppo del 20% netto a 1 miliardo di euro senza operazioni straordinarie ma solo mediante recupero». Quindi senza cartolarizzazioni o cessioni di crediti. Geronzi e Arpe hanno replicato punto per punto alle accuse piovute sul gruppo. A cominciare da quelle su presunte pressioni che Parmalat avrebbe ricevuto dalla banca per rilevare Eurolat dal gruppo Cirio. L'operazione Eurolat «fu voluta e negoziata dai due imprenditori (Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti ndr) in totale autonomia: essa infatti rispondeva agli interessi diversi, ma convergenti, di entrambi». Quanto al prezzo «era assolutamente in linea con i multipli espressi da Parmalat». Quale il ruolo della Banca di Roma? La banca che era creditrice di entrambi «svolse un'attività di assistenza che è stata riconosciuta e remunerata». Sia nel caso dell'operazione Eurolat, sia in quella Ciappazzi «si è trattato di operazioni legittime e convenienti per Parmalat». Geronzi ha poi chiarito che «non c'è stato nessun trasferimento del rischio di credito dalle imprese alla propria clientela. Le negoziazione con la propria clientela di titoli poi andati in default è stata minima sia per dimensione di importo che per numero di clienti». A chi dubita del fatto che Capitalia come le altre banche non poteva non sapere la situazione finanziaria di Cirio e di Parmalat, Geronzi ha risposto che l'azienda di Collecchio «aveva una reputazione internazionale, risultava affidabile sulla base di dati revisionati e certificati, godeva di rating elevati». Inoltre, ha detto Geronzi «sarebbe stato suicida collocare bond dubbi». E gli operatori «non hanno interesse a vendere un titolo specifico perchè le valutazioni e gli eventuali incentivi al personale sono collegati a parametri generali di redditività». Geronzi ha anche sottolineato che «la liquidità destinata dal gruppo Cragnotti alla Banca di Roma in concomitanza di emissioni obbligazionarie non è mai derivata da collocamenti curati dalla stessa banca». Poi ha ricordato che l'esposizione del gruppo Capitalia verso «il complessivo gruppo Tanzi ammonta a 476 milioni di euro di cui 386 milioni relativi al gruppo Parmalat e i residui 90 milioni a Parmatour più Tanzi-Chiesi»

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