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«Avremmo potuto fare tutti di più contro il crac»

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Iozzo (San Paolo): «Truffa organizzata». Profumo (Unicredit): «Responsabili in parte»

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«Da parte di tutti si sarebbe probabilmente potuto fare di più, ed è necessario comprenderli in profondità per poter trarre le lezioni più corrette», esordisce Passera, davanti alle commissioni parlamentari impegnate nell'indagine conoscitiva sul risparmio. E parlando dei bond l'ad di Intesa ha sottolineato come sia «necessario l'impegno di tutti per evitare che venga meno uno strumento molto importante di finanziamento per le imprese italiane». In ogni caso il crac Parmalat, così come quelli Cirio e Giacomelli, «sono casi gravi, e presentano tutti i connotati di vera e propria criminalità economica». Però, continua, «sul fronte dell'operatività non avevamo motivo di dubitare delle valutazioni espresse dal mercato: le società del gruppo Parmalat hanno sempre onorato gli impegni assunti nei nostri confronti, e non vi è stata alcuna scadenza precedentemente non rispettata che avesse potuto far sorgere dei sospetti». Poi precisa che «tutte le emissioni obbligazionarie scadute precedentemente al crack erano state regolarmente rimborsate». E per questa ragione, ha sottolineato Passera, che «abbiamo seguito nei confronti di questo gruppo la stessa politica che abbiamo applicato a tutti i grandi gruppi italiani in situazione normale». Nel 2002 e nei primi nove mesi del 2003 Banca Intesa ha fatto accantonamenti a rischi su crediti per oltre 3 miliardi di euro: «sarebbe stato naturale e doveroso includere il gruppo Parmalat in tali interventi, se solo avessimo avuto dubbi sulla sua solvibilità», ha aggiunto l'Ad. Alfonso Iozzo, amministratore delegato di San Paolo-Imi, ha definito invece la vicenda Parmalat come «una truffa scientificamente organizzata» puntualizzando però che «solo l'1,4% dei clienti possiede obbligazioni Parmalat». «I nostri crediti - ha poi sottolineato - non sono stati dati alla finanziaria ma alla società commerciale e non avevamo insoluti». Inoltre San Paolo-Imi «dopo i fatti della primavera ha chiesto una verifica e c'è stato confermato con dati scritti che la liquidità sulle Bahamas era marginale. Abbiamo fatto quello che potevamo fare». Per quanto riguarda i rapporti con la clientela Iozzo ha poi ricordato che «noi avevamo consigliato i fondi di investimento, il risparmio gestito, e non il "fai da te"» e che in ogni caso i titoli Parmalat in portafoglio «nel 2003 sono scesi del 30%». Diversa la risposta di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, il quale intende precisare che «non potevamo sapere del default incombente. Non era questione di interpretare meglio i bilanci». E corregge le accuse: «Non è vero che: "non potevamo non sapere". È questa la critica, il sospetto che ci ferisce». Profumo aggiunge che «non siamo noi i responsabili di aver venduto titoli rivelatisi a posteriori troppo rischiosi a povera gente. Se quel rating era corretto la probabilità di default di Parmalat ad un anno era dello 0,45%». Quindi «delimitare le nostre responsabilità su Parmalat è doveroso. Ma altre responsabilità le abbiamo e ad esse in parte abbiamo risposto, in parte non ancora».

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