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Il centrosinistra si spacca sull'Iraq

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Anche alla luce della scelta fatta dal governo di accettare un ordine del giorno presentato dal «listone», Fausto Bertinotti parte lancia in resta e attacca «la convergenza inaudita» con l'esecutivo «della componente moderata» dell'opposizione. Insomma è guerra interna. I Ds sono in grande fibrillazione, con la sinistra e il correntone schierati per il «no», che rimandano ai dirigenti della maggioranza i segnali di forte malessere che starebbero giungendo dalla periferia: la scelta di astenersi sul tema della guerra non verrebbe digerita facilmente dagli iscritti. «Nella mia posta elettronica - dice il senatore Antonio Pizzinato - sono arrivate moltissime e-mail di militanti che chiedono di votare no». Anche la Margherita deve fare i conti con la sua anima più pacifista impersonata da Fioroni, Realacci e la Bindi, i quali avrebbero proposto all'esecutivo del partito questa soluzione: votare un emendamento presentato al Senato per la soppressione dal decreto sulle missioni della parte riguardante l'Iraq; e poi uscire dall'aula per il voto finale. Una proposta che ieri mattina avrebbe messo d'accordo tutti nel partito di Rutelli, con la premessa però che andava fatto ogni sforzo per trovare una posizione comune della lista Prodi, sulla base di tre diverse opzioni: astensione, non voto o uscita dall'aula. E in questo clima si è svolto ieri sera il vertice convocato al Senato con segretari e capigruppo del listone: Fassino, Violante, Angius e Minniti per i Ds; Parisi, Dini, Castagnetti e Mattarella per la Margherita; Del Turco, Intini, Villetti per lo Sdi. Insomma, gli stati maggiori dei partiti del listone (Rutelli assente perchè impegnato a Milano) alle prese con la prima gatta da pelare su uno dei temi più delicati per l'opposizione. Alla fine, dopo un'ora di summit, la decisione è stata presa: o il governo concederà lo stralcio del decreto sull'Iraq, oppure la Lista Prodi non parteciperà al voto. Ma il governo, per bocca del ministro Giovanardi, fa sapere di non avere nessuna intenzione di concedere lo stralcio. «Abbiamo deciso - annuncia Angius ai giornalisti - di votare l'emendamento soppressivo dell'articolo 2 del decreto che riguarda la missione Iraq. Se questo emendamento verrà respinto, proponiamo ai gruppi di non partecipare a nessun voto sul decreto in segno di protesta». A quanto si apprende, nel corso della riunione i capigruppo della Margherita e dei Ds avrebbero espresso preoccupazione per le tensioni interne ai rispettivi gruppi, sottolineando che si tratta di «correnti pacifiste della tradizione di sinistra e di posizioni forti nel mondo cattolico». Un disagio diffuso che alla fine potrebbe tradursi in una trentina di voti contrari tra Ds e Margherita al Senato. E mentre alla Camera si riunisce il direttivo del correntone Ds, dalla sinistra dell'alleanza arrivano le bordate più forti: «È un elemento traumatico per tutto il popolo della pace», dichiara Bertinotti. «Il tavolo per la pace in tutte le sue componenti - ricorda il segretario di Rifondazione - ha rivolto in questi giorni un appello a tutti i senatori per il ritiro delle truppe. E di fronte ad una pressione crescente del popolo della pace, la componente moderata dell'opposizione sceglie unilateralmente di presentare un ordine del giorno che viene assunto dal governo, mostrando così una convergenza inaudita con un governo che ha appoggiato la guerra dell'amministrazione Bush e che ancora la fiancheggia».

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