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Abbiamo chiesto al prof.

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COSA può aver portato l'Istat a misurare con tanto ottimismo l'andamento dell'inflazione per i redditi medi e medio-bassi? «Dai dati Istat si evincerebbe che le famiglie di operai e impiegati avrebbero sperimentato un tasso di inflazione addirittura inferiore all'inflazione ufficiale. Non sembra che i dati pubblicati dall'istituto di statistica guardino con attenzione alla perdita di potere di acquisto del reddito fisso». Ma dove può stare l'errore? «Il fenomeno non è stato registrato in maniera adeguata dalle statistiche ufficiali perché probabilmente impreparate ad affrontare il problema. Non sono stati pienamente rilevati gli aumenti dei prezzi a causa dell'inerzia che caratterizza il processo di revisione del sistema di ponderazione dei beni. A titolo di esempio, entrando nel dettaglio dei pesi utilizzati, è sorprendente come a importanti capitoli di spesa come prodotti alimentari, spese per l'abitazione, acqua, elettricità e combustibili sia attribuita una minore importanza nell'indice che misura l'inflazione per le famiglie di operai e impiegati rispetto all'indice armonizzato dei prezzi al consumo, che è l'indicatore di riferimento per i paesi dell'Unione Europea». Questo per il meccanismo tecnico con cui si elaborano i dati, ma ci sono dubbi anche sulle rilevazioni? «Il meccanismo di rilevazione campionaria alla base della costruzione dell'indice dei prezzi al consumo non si è dimostrato adatto a cogliere comportamenti speculativi di portata devastante in termini di conseguenze redistributive, cioè che riguardano i rapporti relativi tra i redditi dei cittadini, a sfavore di chi vive di reddito fisso e delle classi sociali economicamente più deboli». G.D.F.

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