Pensioni, lunedì pronte le modifiche
Il ministro del Welfare, Roberto Maroni ieri mattina, in attesa delle ultime verifiche della Ragioneria, ha annunciato una proposta della maggioranza «a giorni», ipotizzando anche che il Governo sia pronto a illustrare gli emendamenti su cui si sta lavorando già lunedì alle parti sociali. Ieri, secondo quanto ha riferito Maroni, non ci sono stati vertici con gli altri esponenti del Governo che seguono la vicenda (Fini e Tremonti), anche se il ministro del Welfare ha precisato che i contatti sono continui e che ci si sente «ora dopo ora». Sulle ipotesi di modifica allo «scalone» (il passaggio diretto nel 2008 da 35 a 40 anni per i contributi necessari ad ottenere la pensione di anzianità) Maroni è stato abbottonatissimo, limitandosi a rispondere con una battuta («acqua») a chi gli domandava se la soluzione per l'aumento dell'età pensionabile potesse essere la quota 96 (somma tra età anagrafica e anni di contributi per l'accesso alla pensione di anzianità, adesso ferma a 92). Una soluzione, quella di quota 96, più volte caldeggiata dall'Udc e ieri di nuovo difesa dal presidente della commissione Lavoro del Senato, Tommaso Zanoletti. «Mi pare - ha detto Zanoletti - che quota 96 si debba difendere». «È una sua opinione», ha risposto immediatamente il ministro, che comunque ha parlato di una proposta che «si sta valutando tecnicamente», condivisa «da tutta la maggioranza». Il problema - oltre all'esigenza di una riforma che sia più equa, che eviti in una notte (tra il 2007 e il 2008) lo scarto di cinque anni per il diritto alla pensione di anzianità - resta quello dei risparmi di spesa: a regime la riforma deve portare a un risparmio di almeno 8 miliardi di euro l'anno a partire daL 2011 (oltre 36 tra il 2005 e il 2013, tenendo conto anche degli incentivi), secondo i calcoli inviati dalla Ragioneria al servizio bilancio del Senato a gennaio. Ma per ottenere un risparmio dello 0,7% del Pil (circa otto miliardi l'anno), la quota 96 insieme alla chiusura di due delle quattro finestre per l'uscita verso la pensione di anzianità potrebbe non bastare. Calcolo contestato dalla Cisl che, con Pierpaolo Baretta, afferma come ogni anno in più di ritardo medio nell'uscita verso la pensione valga circa lo 0,20% del Pil, ovvero oltre due miliardi di euro. La soluzione più probabile resta quella della scalettatura (su modello di quanto si fece con la legge Dini), aumentando assieme agli anni di contributi anche quelli dell'età minima necessaria ad andare in pensione di anzianità (fino al 2008 sono 57). Per ottenere gli stessi risparmi dello «scalone», una soluzione potrebbe essere un'età anagrafica minima di 60 anni assieme a 36 anni di contributi a salire a partire dal 2008 (di un anno ogni due anni). Un risparmio inferiore invece si otterrebbe agendo solo sull'età anagrafica, tenendo cioè fermi i 35 anni di contributi necessari a chiedere il ritiro anticipato dal lavoro, e aumentando solo l'età.