Si riapre il dialogo sul nodo leghista del Senato federale
La frase pronunciata dal capogruppo Ds al Senato, Gavino Angius, fotografa quanto avvenuto a Palazzo Madama sulle riforme. Sul delicato nodo del Senato federale sta ripartendo il dialogo tra i Poli, ed anzi stamattina la Conferenza dei capigruppo potrebbe decidere di rinviare in commissione l'articolo 3, sul Senato federale appunto, per cercare una «soluzione condivisa». E intanto il premier Berlusconi «benedice» gli sforzi della propria maggioranza definendo «epocale» il passaggio al federalismo e «miracoloso» l'accordo trovato. In una serie di riunioni dei «saggi» della Cdl con il ministro Bossi, sono state vagliate tutte le varie ipotesi sulla composizione del Senato federale emerse nel dibattito ieri. Escluso un modello Bundesrat, cioè composto da soli assessori delle giunte regionali, perchè i senatori non voteranno mai la loro fine, rimangono sul tavolo le diverse forme di Senato misto nonchè la contestualità dell'elezione dei senatori di ciascuna regione con i rispettivi Consigli regionali. Ipotesi questa preferita da Bossi: «È il modo migliore - ha spiegato - per arrivare a un Senato non legato alla logica delle maggioranze politiche ma alle logiche del territorio. Molti senatori non lo capiscono perchè continuano a ragionare come se ci sarà ancora il bicameralismo perfetto». Certo è che le resistenze a questa soluzione sono forti anche tra i senatori dei gruppi della Cdl. Evidentemente Bossi non ha spiegato a Berlusconi i suoi ragionamenti visto che il premier, intervenendo a Porta a Porta ha bocciato l'idea: essa, infatti, «provocherebbe una difficoltà a governare, perchè in questo modo - ha detto il premier - avremo un Paese in cui ogni anno si svolgono elezioni molto importanti». Berlusconi ha poi lanciato la sua proposta: «Mettiamo tutto insieme. Facciamo un election day», ovvero un giorno in cui si svolgono le elezioni «della Camera, del Senato, delle giunte regionali e anche quelle amministrative per le principali città. Avremo una pace che si prolungherebbe per un'intera legislatura». Nel frattempo D'Onofrio ha sondato l'opposizione, dove ci sono, anche qui, posizioni diverse: si va da quanti accolgono la contestualità dell'elezione, come i Ds Walter Vitali e Enrico Morando, a quanti preferiscono un Senato misto più o meno forte, come Nicola Mancino o Franco Bassanini. Pera ha sottolineato l'opportunità che il destino del futuro Senato sia deciso dagli attuali inquilini di Palazzo Madama e non dalla Camera in seconda lettura; e questo può avvenire se ad approvare le norme sarà una maggioranza ampia.