Pensioni, il governo pronto a smussare lo «scalone»
«Uno scalino più basso» è possibile, ha detto in serata Silvio Berlusconi. «Non posso non essere d'accordo», ha commentato il ministro del Welfare, Roberto Maroni. Nel pomeriggio, intanto, anche il ministero guidato da Giulio Tremonti aveva aperto sulla possibilità di modificare il meccanismo di accesso alla pensione di anzianità a partire dal 2008; pur ribadendo che le eventuali ipotesi alternative devono comunque mantenere i risparmi di spesa previsti dalla delega (lo 0,7% del Pil a regime). La decisione su come modificare la riforma torna nelle mani del Governo (sembra per ora essere rinviata la riunione della maggioranza inizialmente annunciata per oggi) che verificherà, sulla base dei conti della Ragioneria, ipotesi alternative al passaggio diretto nel 2008 da 35 a 40 per gli anni di contributi necessari alla pensione di anzianità. Ieri a palazzo Chigi si è tenuto un vertice tra il vicepremier Gianfranco Fini e i ministri del Tesoro e del Welfare, Giulio Tremonti e Roberto Maroni al quale ha partecipato anche il ragioniere generale dello Stato, Vittorio Grilli. Nella riunione - secondo quanto si è appreso - si è esaminata la possibilità di sostituire lo «scalone» con un sistema di «quote» (una somma tra l'età anagrafica e i contributi) insieme alla chiusura di due delle quattro finestre per l'uscita verso l'anzianità, ma anche quella di una «scalettatura» degli anni di contributi insieme a un'età minima per l'uscita. Secondo alcuni calcoli di fonte sindacale l'aumento della quota dal 92 attuale (57 anni di età e 35 di contributi) al 96 di cui più volte si è parlato, porterebbe un risparmio di pil dello 0,35%. Se invece si tenesse ferma la possibilità di uscita con 35 anni di contributi, l'età minima per il ritiro (per avere lo 0,7% del risparmio) dovrebbe essere di almeno 62-63 anni. Secondo i calcoli che la Ragioneria ha fornito al servizio bilancio del Senato alla fine di gennaio, la riforma del sistema previdenziale dovrebbe portare risparmi per i conti pubblici per 36.320 milioni di euro (36.089 dei quali dallo «scalone», il resto con gli incentivi) tra il 2005 e il 2013, concentrati soprattutto negli ultimi tre anni considerati. Secondo questi calcoli i risparmi sui requisiti per l'accesso al pensionamento dovrebbero essere pari a 409 milioni nel 2008, a 3.725 nel 2009, a 6.294 nel 2010, a 8.009 nel 2011, a 8.813 nel 2012 e a 8.839 nel 2013. Maroni ha annunciato per domani un nuovo incontro, non ancora confermato, per mettere a punto l'emendamento che dovrebbe essere presentato probabilmente all'inizio della prossima settimana ai sindacati. «È stato un incontro utile e positivo - ha detto rientrando al ministero dopo la riunione di palazzo Chigi - ma non definitivo. Probabilmente ci incontreremo domani, sempre a Palazzo Chigi». Dal Tesoro poi si e è fatto sapere che «la discussione è aperta sui meccanismi di calcolo ma è chiusa sui risparmi previsti dalla legge delega». Intanto la Confindustria ribadisce che togliere la decontribuzione dalla delega (come annunciato dalla Cdl dopo la riunione di ieri) «sarebbe un grosso errore». «Lo stralcio della norma sulla decontribuzione della delega previdenziale - ha detto il vicepresidente dell'associazione, Guidalberto Guidi - sarebbe un errore molto grosso e mi auguro che venga rivisto».