Rai, il Cda non sfiducia ma processa
Anche se non ci sarà (per ora) la tanto temuta mozione di sfiducia nei confronti della presidente perché fra i consiglieri ha prevalso il buon senso di evitare strumentalizzazioni politiche esterne che danneggerebbero l'azienda, comunque, oggi in CdA Rai si terrà più che una riunione, un'udienza. Lucia Annunziata, infatti, intende far «processare» dalla Vigilanza e dall'Authority i consiglieri di amministrazione «rei», secondo lei, di ricevere telefonate dal premier con indicazioni su conduttori e programmi. Non solo, ma, grazie alle sue accuse, il Codacons ha chiesto di visionare i tabulati delle telefonate dei consiglieri Rai, forse per scoprire a quale di loro si riferisce la Lady di Viale Mazzini. Una sorta di «inquisizione» alla quale Veneziani, Alberoni e Petroni, alquanto alterati, risponderebbero, processando per direttissima la presidente non-più-di-garanzia, rea di averli «insultati personalmente e accusati ingiustamente» solo per rispondere ad un imput politico del centrosinistra. All'ordine del giorno del CdA (gelido o bollente, ma senza preconsiglio) ci sono comunque il piano editoriale e la discussione sul digitale terrestre con la delibera che riguarda i canali del nuovo sistema, ma sarà difficile non toccare l'argomento dei rapporti interni. «Tecnicamente le condizioni per dimettere la presidente ci sono. E lei non ci rappresenta più. Ma abbiamo valutato l'opportunità di un simile gesto e la ricaduta a livello mediatico con ulteriori turbolenze per l'azienda - sottolinea Marcello Veneziani -. Non siamo degli irresponsabili noi. Da parte mia posso dire che non ci sarà più quella ricerca del consenso, che ritenevo primaria fino a questo momento. Si è interrotto un rapporto di fiducia. Ormai siamo come dei separati in casa». Amareggiato Veneziani, offeso mortalmente Alberoni, risentito Petroni ma più flessibile Rumi, che però non era presente allo scontro e nemmeno all'ultimo CdA perché malato. Un week end di fitte consultazioni telefoniche tra i consiglieri (contattati uno ad uno anche da Petruccioli per cercare di ricucire) e, alla fine, grazie anche alla mediazione del dg Cattaneo, si è scelto di far prevalere sulla querelle il senso di responsabilità. Da parte dell'Annunziata poco o niente. Pare soltanto che abbia mandato qualcuno del suo entourage dall'assistente di Veneziani con l'obiettivo di rassicurare il consigliere un tempo anche amico. Il quale ritiene naturalmente che, a offese pubbliche, si rimedia, con scuse e precisazioni altrettanto pubbliche. Questo viene richiesto in sintesi all'Annunziata dai consiglieri: che ritiri o chiarisca meglio le accuse. Oppure si dimetta. Ipotesi questa che difficilmente però metterà in atto la presidente oggi, perché secondo i consiglieri, l'Annunziata vuole restare nei panni della martire del pluralismo (anche se ha bocciato come «sgraditi alla sinistra» Rossella, Minoli e altri), per stigmatizzare meglio la loro «censura» su De Bortoli. Insomma, ci vorrebbe proprio un Gran Giurì d'onore, suggerisce qualcuno, per ristabilire subito la verità e punire chi ha detto il falso. Difficile da trovare però. Ed oggi con Mimun in Vigilanza, le battaglie saranno due.