«Vogliono fascistizzare la magistratura»

Scoppia il putiferio per l'intervento del segretario dell'associazione magistrati al congresso del sindacato delle toghe. Che comunque poi decide due giorni di sciopero, l'11 e il 12 marzo, il secondo solo virtuale, il che significa che i magistrati si recheranno ugualmente al lavoro, ma destineranno il corrispettivo della giornata a «fini di giustizia». Una clamorosa forma di protesta contro la riforma dell'ordinamento giudiziario del governo, che il parlamentino dell'Associazione Nazionale Magistrati ha licenziato alla fine di una lunga e difficile giornata. Nel giorno infatti in cui le correnti della magistratura hanno siglato la ritrovata unità sullo sciopero - da cui due anni fa si era dissociato il gruppo più moderato, Magistratura Indipendente - si è rischiata la crisi della giunta, cioè del governo dell'Associazione. Un evento inaspettato e provocato dalla relazione con cui il segretario Carlo Fucci ha concluso il XXVII congresso del «sindacato delle toghe» e in particolare da un passaggio in cui ha fatto riferimento alla riforma dell'ordinamento giudiziario del fascismo. Fucci è a metà del suo discorso, quando introduce l'argomento. Dice che l'attuale riforma dell'ordinamento giudiziario è ispirata «dalla volontà della maggioranza di saldare i conti con i magistrati» e che «chi oggi governa pone le premesse di un sistema caratterizzato dalla legge del più forte». Sono «dati incontestabili - sottolinea - che riportano facilmente la mente alla deriva istituzionale del 1923, rappresentata dall'emanazione dell'ordinamento giudiziario Orviglio che ricostituì in pieno la struttura gerarchica dell'ordine giudiziario e pose le premesse per tentare la fascistizzazione della magistratura italiana; una deriva che ebbe una delle più emblematiche espressioni in una sentenza della Cassazione che affermò che l'interpretazione della legge data dal capo del governo dovesse considerarsi autentica. La platea del congresso applaude e altrettanto fa, e a lungo, quando Fucci conclude il suo discorso, richiamando la memoria dei magistrati uccisi per mano della mafia e del terrorismo. Ma Bruti Liberati, che è alla presidenza dei lavori e che capisce che quel passaggio rischia di trascinare l'Anm in una polemica politica, prende subito le distanze. E man mano nel corso della giornata lo farà in modo sempre più deciso: «La relazione del segretario Fucci esprime solo la sua posizione personale; io non ne condiviso in alcuni passaggi nè il contenuto nè i toni. La posizione del congresso è nella mozione approvata per acclamazione che avanza critiche molto nette alla proposta di riforma del governo, ma contiene un richiamo al primato del Parlamento ed esprime il pieno rispetto per le decisioni del governo». Non è solo Bruti ad essere irritato; in tanti anche dentro la corrente di Unicost, a cui appartiene Fucci, pensano che si sia trattato di «un errore gravissimo». Se ne discute a lungo nel parlamentino convocato per proclamare lo sciopero; si parla anche di dimissioni, anche se ufficialmente tutti smentiscono. Ma alla fine si decide di far quadrato attorno a Fucci per non indebolire l'Associazione. «Al parlamentino ho chiarito - dirà alla fine Fucci - che non ho mai inteso sostenere che oggi c'è il pericolo di un ritorno del fascismo, ma ho detto che siamo preoccupati per il rischio della gerarchizzazione della magistratura. E ho ricordato che nel passato è successo. Qualcuno non ha inteso quel che volevo dire e ha voluto strumentalizzare». E ieri sera la notizia che le dimissioni di Carlo Fucci dall'incarico di segretario nell'Anm sarebbero inevitabili secondo i componenti della giunta, visto lo scollamento di posizioni che si è verificato con il presidente Admondo Bruti Liberati.