Vincono i «falchi», magistrati in sciopero
Il diessino Brutti getta benzina sul fuoco: «Vinceremo le elezioni e abrogheremo le riforme della Cdl»
Una riforma che considerano pericolosa perché - sostengono - minaccia la loro indipendenza, svuota le competenze del Csm, impone alla magistratura un'organizzazione burocratizzata e gerarchizzata e attenta alle loro stesse libertà costituzionali. Non è bastata la dichiarata disponibilità al dialogo messa sul piatto dal ministro della Giustizia, Roberto Castelli, al congresso dell'Anm; nè è stata giudicata sufficiente l'apertura portata ieri allo stesso congresso dal sottosegretario Vietti che, dopo aver invitato i magistrati a non scioperare, ha assunto l'impegno di farsi carico al tavolo dei quattro saggi martedì prossimo delle riserve dei magistrati sul sistema dei concorsi previsto dalla riforma. I cinque segretari delle correnti in cui è organizzata la magistratura, dopo essersi confrontati sulle «apparenti aperture», hanno deciso all'unanimità di chiedere al «parlamentino» dell'Anm la proclamazione dello sciopero. Una protesta che si terrà ai primi di marzo, il 4 o il 5 e che sarà seguita 15 giorni più tardi da un'assemblea nazionale a Roma. «Dalla maggioranza sono arrivati segnali confusi» spiegano i leader delle correnti, ricordando come proprio l'altro ieri il presidente della commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella, si sia espresso per un inasprimento della separazione delle funzioni. «Abbiamo apprezzato le parole del sottosegretario Vietti, ma sono diverse da quelle del ministro; così come quelle di Castelli sono diverse da quelle di Pecorella - osserva Armando Spataro, leader del Movimento per la Giustizia -. Si mettano dunque d'accordo le forze della maggioranza per farci capire se la dichiarata disponibilità al dialogo è reale o fittizia e nel primo caso su quali proposte ci si può confrontare. Ma al momento l'Anm non potrà che adottare iniziative improntate alla gravità del momento». «Se auspicabilmente torneremo al governo la prima cosa che faremo sarà togliere di mezzo i detriti legislativi lasciati dalla maggioranza» è stato l'impegno di Massimo Brutti (Ds) al Congresso dell'Anm. Poco dopo Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia, ha detto, rivolto a Brutti: «In Italia, dal '92 ad oggi di assolutamente anomalo e irregolare c'è stato il comportamento di un gruppo ristretto di magistrati che ha concentrato il fuoco della sua attività contro le forze politiche di centro e, dal '94 in poi, contro Silvio Berlusconi e Forza Italia. Da questa azione il Pds e poi i Ds hanno tratto straordinari vantaggi». Allo sciopero aderirà anche la corrente più moderata, magistratura indipendente. Anche i girotondini, in un documento, hanno manifestato la loro intenzione a «sostenere l'impegno dell'Associazione nazionale magistrati e le sue iniziative in opposizione alla controriforma dell'ordinamento giudiziario con un'attiva partecipazione a tutte le proteste che saranno indette». La decisione dello sciopero, che sarà formalizzata domani, raccoglie del resto l'indicazione arrivata dalla stragrande maggioranza degli interventi al congresso. Come quelli, autorevoli, del procuratore di Palermo, Pietro Grasso, e del suo predecessore Giancarlo Caselli. Per il primo lo sciopero è «il rimedio estremo al male estremo di una riforma, quella dell'ordinamento giudiziario, che per alcuni aspetti appare quasi vendicativa, frutto di livore, di rancore». Per il secondo, «a fronte di una situazione così grave, lo sciopero, pur nella consapevolezza del suo carattere dirompente, è una scelta sofferta ma coerente, una triste necessità». «Mi auguro che i magistrati ci ripensino - ha dichiarato Renato Schifani, capogruppo di FI in Senato -. Dire no a qualunque tipo di riforma significa rifiutare ogni modernizzazione del sistema giudiziario». Una pausa di riflessione sulla riforma da parte della maggioranza è stata chiesta dal vicepresidente del Csm, Virginio Rognoni, per garantire la sua «conformità» alla Costituzione.