Baccini: ora il programma, il «rimpasto» dopo le votazioni
Perciò è quanto mai opportuno che questa fase venga chiusa prima possibile. Lo dice Mario Baccini, sottosegretario agli Esteri ed esponente «storico» del Ccd prima e ora dell'Udc, che ha partecipato alla nascita e allo sviluppo del progetto politico del nuovo partito di riferimento cattolico nato dopo la fine della Dc. È sbagliato credere che l'Udc oggi faccia le sue scelte per qualche poltrona in più, dice Baccini: invece è necessario chiudere la verifica subito con un documento fatto insieme a Berlusconi, andare al meglio alle elezioni europee, e solo dopo procedere al cosiddetto «rimpasto». Baccini, voi dell'Udc venite considerati come dei bastian contrari nella Cdl, difficili da convincere. Che succede? State facendo richieste «impossibili»? «L'Udc non fa richieste di numeri, fa richieste politiche. I nostri appelli per rafforzare l'alleanza sono una questione politica, non di numeri. L'Udc dà un contributo positivo alla Cdl, è una risorsa e non un problema della coalizione. Noi abbiamo un ruolo di iniziativa attiva perché la maggioranza si rafforzi, con Fini e Berlusconi». E la lega? «Con la Lega spero che si possa andare aventi su posizioni chiare. L'alleanza con loro nasce da una garanzia data da Berlusconi. Ora chiudiamo questa situazione, e concentriamoci su quello che ci unisce. Questo governo chiuda il suo mandato e la legislatura. Bisogna fare un documento programmatico con Berlusconi e rinviare il «rimpasto» a dopo le europee. Certo, sono parecchie le cose da rivedere. Per esempio va riconsiderato il ruolo di Roma Capitale, che va sostenuto perché è stato sottovalutato». L'Udc pensa di rafforzarsi con le elezioni? «Il nostro progetto deve avere l'approvazione dell'elettorato. L'Udc, e questo lo dico anche per quanto riguarda la questione della lista unica, oggi non può non avere la conferma elettorale. Saranno gli elettori a confermare la bontà del nostro progetto politico. È necessario misurarsi alle europee, ma non per fare il test a Berlusconi. Si tratta di eleggere i deputati europei per sostenere gli interessi del Paese e per tutelare il ceto medio, le piccole e medie aziende che stanno attraversando una congiuntura molto difficile. Ripeto: è necessario chiudere questa fase: il governo deve respirare fino alle europee, aiutandolo anche per le cose che sono sul tappeto come la legge Gasparri, che va approvata. Non credo che le scorciatoie siano utili, l'antipolitica non porta da nessuna parte». Lei che è considerato un esponente molto importante dell'Udc, anche se ora non ha cariche e poteri all'interno del partito e si occupa di politica estera, pensa veramente che sia possibile fare una verifica solo di programma? «Se dicessi che la politica può prescindere dal potere sarei ipocrita, ma è vero che la linea politica è nel nostro dna. Quando Martinazzoli dichiarò chiusa la Dc, facemmo una scelta di cattolici per un progetto politico alternativo a quello della cultura della sinistra, e demmo vita al Ccd, prima ancora che Berlusconi scendesse in campo. Poi divenimmo fondatori del progetto del centrodestra. Berlusconi prese la leadership, vincemmo le elezioni. Poi Forza Italia entrò nel Ppe anche col nostro impegno. È sempre prevalso il progetto. Dopo, c'è stata la lunga marcia nel deserto, attraversato anche subendo perdite come quella di Mastella. Ma non abbiamo mai abbandonato la linea, malgrado gli attacchi. Poi abbiamo costruito il progetto dell'Udc, fatto non per curare i piccoli orti. Infine siamo tornati a vincere. Tutto questo si fa se si compiono scelte politiche e le si seguono con coerenza». D. T.