Cragnotti: «Tradito dal sistema finanziario che non mi ha seguito»
«Quasi mi s'invitava a preparare la valigia con il necessaire per la cella afferma Cragnotti, ex presidente della Cirio, ex presidente della Lazio, dal novembre 2002 incapace di fare fronte a un indebitamento scaduto di 150 milioni d'euro (e parte di un debito di 1,125 miliardi, una tranche del quale ancora non scaduta) e poi accusato di una serie impressionante di reati (dalla truffa alla bancarotta fraudolenta, dal falso in bilancio alla corruzione) e d'aver creato un «buco» da oltre 500 milioni d'euro. «Sono stato molto scosso da quella cronaca di un arresto annunciato», afferma Cragnotti, seduto nello studio romano del suo avvocato, Giulia Bongiorno. «E sono ancora perplesso. Non perché voglia fuggire dalle mie responsabilità: di quelle risponderò e, credo, sarò in grado di rispondere bene. Però mi sembra che il diritto di difesa sia veramente evanescente. Basti pensare che i miei legali, Franco Coppi e Bongiorno, non sanno nemmeno in quante procure sono indagato, né esattamente per quali reati: hanno basato la ricostruzione delle contestazioni leggendo le cronache giudiziarie sui giornali. Questo perché mi si dice che l'indagine è coperta dal segreto. Ma questo segreto limita la mia difesa. E poi, che segreto è se leggo tutto sui giornali? Ora si parla anche di associazione per delinquere, vedremo». Ha paura dell'arresto? «No. Sono sicuro della trasparenza di quello che ho fatto e della correttezza del mio progetto industriale. E sono pronto a spiegare tutto ai magistrati. In quasi un anno e mezzo, dal novembre 2002, ho cercato di farlo più volte, con i miei avvocati: depositando tre memoriali e chiedendo insistentemente di essere interrogato. Il 20 novembre scorso, quando ho incontrato i pm romani, mi hanno posto pochissime domande, dicendomi che era troppo presto. Peccato: io sono in grado di fornire importanti chiarimenti. Di più, sono convinto che qualcosa per i creditori si possa ancora fare».