«Dal Csm atto politico contro Berlusconi»
Nel documento si riportano diversi dei passaggi del discorso del premier tra cui il paragone della «burocrazia togata» con il fascismo e i riferimenti diretti ai pm di Mani pulite. Oggi il Comitato di presidenza del Csm delibererà a quale commissione assegnare la pratica: è stata infatti abbandonata la linea inziale dei proponenti di far esaminare il caso dal plenum in via accelerata senza passare, appunto, per una commissione. Il Polo insorge. Denuncia Giuseppe Di Federico, consigliere «laico» di Fi: «Questo è un atto con il quale il Csm fa politica. Le decisioni sul presidente del Consiglio spettano al Parlamento. Si tratta di mantenere i confini di competenza degli organi costituzionali. Dunque indipendentemente dal partito di provenienza io non appoggerò mai richieste di questo tipo». Anche Giorgio Spangher, l'altro consigliere Csm laico di Forza Italia, non è d'accordo con quanto sta accadendo. La pratica a tutela dei magistrati chiamati in causa dal presidente del Consiglio, osserva, «è sicuramente un atto politico, un'iniziativa finalizzata a compattare la magistratura dopo l'approvazione da parte di un ramo del Parlamento della riforma dell'ordinamento giudiziario». Spangher inoltre osserva che «si tratta certamente di una pratica differente dalle altre a tutela perché non siamo in presenza di critiche ad una sentenza, ma all'assunzione dei contenuti di una riflessione di un politologo su un passato ormai chiuso, cioè su Tangentopoli, da parte del presidente del Consiglio». Secondo il responsabile Giustizia di Fi, Giuseppe Gargani, il problema è che «nel rapporto fra magistratura e politica c'è uno sciagurato dissidio che avvelena tutto. La magistratura mantiene strettamente il suo potere. Si tratta, ovviamente, di un potere fazioso, perché la magistratura dovrebbe essere veramente autonoma ed indipendente, ma non lo è e preferisce la battaglia politica». Il ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli, commenta: «Il Csm dovrebbe smettere di dare giudizi politici», e aggiunge che invece «dovrebbe tornare nell'alveo che assegna ad esso la Costituzione». Il ministro delle Comunicazioni Gasparri ritiene che non tutta la magistratura vada criticata, «perché serve anche con dedizione e sacrificio le istituzioni e i cittadini». Però, aggiunge, «ci sono eccezioni», e cita il caso Enimont, chiedendosi «perchè un magistrato, che ora non fa più il magistrato ma fa il politico, disse che sul miliardo di vecchie lire dato al Pci-Pds non si poteva indagare perché non si sapeva chi avesse preso materialmente i soldi, mentre altri, invece, sono stati indagati in quanto non potevano non sapere».