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E la curva sud grida: «Silvio, distruggi 'sti assassini»

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Sugli spalti del Palacongressi, il popolo azzurro: «Borrelli è un boia, De Benedetti? Buuuu»

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Ci sono Gino e Mario, partiti dalla provincia di Salerno. Più in là i padovani. Che si sentono subito: «Non vede che pianze (piange)», dicono. Risponde il gruppo degli emiliani: «Ragassi, Silvio è una forza». È la curva sud del Palazzo dei Congressi dell'Eur. La Curva sud di Forza Italia. Sono arrivati da ogni parte d'Italia, stipati in ogni angolo, aggrappati alle scale, ammassati sulle terrazze. Sono gli ultrà di Silvio, il popolo di Berlusconi, l'Italia di Forza Italia. Pronti anche a interrompere il loro leader con continui «Grazie Silvio», «Bravo Silvio», «Silvio, pensaci tu». E Silvio, per loro, per tutti loro non è il Salvatore, bensì il Liberatore. Colui che li libera dai soprusi, dalle angherie della diabolica minoranza. «Silvio, distruggili tutti», gli grida un ragazzo sporto dal balcone del secondo piano. E Silvio è tutti loro, è un pezzo di loro, loro sono Silvio. Tanto che Berlusconi, al termine del suo discorso non resiste, non riesce a rimanere sul palco e si lancia sulla folla, nella folla, dentro la sua folla tra gli sguardi attoniti, impauriti della scorta, costretta a difenderlo dall'assalto della gente impazzita. È il tripudio, sono tutti pronti a fare a cazzotti pur di vederlo da vicino. C'è chi si eccita: «L'ho toccato, l'ho toccato». Chi gli stringe la mano, chi lo bacia, chi chiede di abbracciarlo. Lui ricambia, poi gli si para davanti Alfredo Vito, un deputato napoletano. Silvio lo vede e lo abbraccia. Ma è l'unico vip, per il resto Silvio chiede di salutare la gente, la sua ggente, il popolo di Silvio. Ma che cosa vuole questa folla? Guarda le prime file. Fa la mamma alla figlia indicando con il dito e il braccio teso verso il basso, verso la platea: «Ma quello lì, lo vedi, è il ministro degli Esteri». «Sì, è lui, Mario Frattini», «No, si chiama Franco». Vedono i loro beniamini da vicino (si fa per dire, a cento metri). «Silvio, sei tutti noi», gridano. Berlusconi cita Di Pietro? «È un buffone» rispondono dalle tribune. Berlusconi evoca la stampa di sinistra? «De Benedetti? Buuuuuhhh», urla un altro dal loggione. Berlusconi parla di Borrelli: «Boia», strepitano dalla curva. «Madonna, ragassi: gliene sta dicendo di tutti i colori», commenta una signora. Chi pensa che l'anticomunismo è morto, qui - nel ventre del maggior partito italiano - si ricrederà: è vivo e vegeto più di Bertinotti. Berlusconi legge un articolo di don Baget Bozzo. E un altro fa all'amico: «Dove sta questo articolo? Andiamo a comprare 'sta gazzetta». C'è chi va in estasi: «Che bel decennale, ci rivediamo al centenario». E lui? Lui vuole abbracciarli tutti, uno a uno. Vuole parlare con loro. Li chiama in causa, trasforma il Palazzo in un salotto, in un immaginario e collettivo «a tu per tu». E la interroga: «Era indispensabile la discesa in campo?». «Siiì», urlano tutti a squarcia gola. «Avete fatto bene a seguire la visionaria follia di chi vi parla?», «Siiì». «Vale la pena proseguire il cammino?», «Siiì». Perché solo lui può esaudire tutti i sogni, i desideri. Bisogna, più che essere fedeli, avere fede in lui. «Silvio, daje addosso. Nun mollà», gridano da dietro lo striscione del circolo Fi dell'Ama Roma. Dal pubblico è un continuo «comunisti assassini» e «Silvio, non mollare». Berlusconi parla dal suo palco, ma dal suo popolo è una pioggia di richieste, appelli, preghiere. Una gli grida pure: «Libera l'Umbria!». Lui, il Liberatore, penserà anche a questo. F. D. O.

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