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di FABRIZIO DELL'OREFICE «PIANO piano, con la pazienza dei veri riformatori, andiamo avanti.

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Non è più il Silvio Berlusconi del «miracolo italiano». Non è più il Silvio Berlusconi della «forza di un sogno». Non è più il Silvio Berlusconi di una promessa per tutti, quello che tutto può e tutto fa. Ma è un presidente del consiglio che sì, rispolvera anche l'anticomunismo, ma ammette le difficoltà, gli affanni, confessa quanto sia faticoso scalare la montagna dei problemi del Paese. Tanto che confessa: «Ci troviamo dinanzi un vero e proprio muro di Berlino domestico, nostrano, che ci divide dall'Italia delle libertà». E descrive un'Italia diversa e affiora la parola «crisi». «Abbiamo dovuto governare con una delle più drammatiche stagnazioni economiche degli ultimi decenni - dice il premier -. Tre ani fa il mondo era diverso: era in pace e con positive prospettive di sviluppo. La commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale stimavano per l'Europa una crescita del 3%. Poi, con l'11 settembre, tutto è improvvisamente cambiato: due conflitti in tre anni; la crisi delle "Borse" mondiali che, ora possiamo ben dire, è stata una crisi paragonabile a quella del 1929; una competizione internazionale che si è fatta più difficile per l'affermarsi sulla scena di nuovi concorrenti sempre più agguerriti e disinvolti, quasi senza regole; una serie continua di frodi e di crisi che hanno colpito molti risparmiatori». Berlusconi ammette anche che «nessuno di questi fenomeni era prevedibile nella sua reale dimensione». Ma, spiega il premier, «in questo contesto difficilissimo i risultati sono straordinari. Abbiamo aumentato le pensioni minime, abbiamo avviato la costruzione di un grande numero di infrastrutture. Tutto questo senza aumentare le tasse». E ancora: «In un clima di stagnazione, siamo il solo grande Paese europeo che è riuscito a diminuire la disoccupazione, che era al 12% e oggi è all'8,5%». Insiste il capo del governo nel ricordare che «senza aver aumentato un solo euro le tasse» - sottolinea - «abbiamo tenuto i conti in ordine mentre cancellavamo le tasse per i redditi più bassi, portavamo al livello promesso le pensioni minime, assicuravamo contributi alla maternita e alla famiglia». Quindi rivolge una domanda al pubblico: «Che cosa sarebbe accaduto se in questa situazione ci fosse stata al potere la sinistra? Di quanto sarebbero aumentate le tasse? Non hanno fatto nemmeno una proposta alternativa». Berlusconi ricorda le riforme. Quella Biagi del mercato del lavoro («Si avranno maggiori tutele per tutti a cominciare dai più giovani»), della scuola, del diritto societario («È più facile aprire e gestire un'azienda»), della forma dello Stato e del governo («La più importante»). Infine ricorda la sicurezza, il poliziotto di quartiere, la prevenzione dei reati e la lotta al crimine organizzato. Insomma «abbiamo fatto un buon lavoro ma le cose che ancora non funzionano sono tante. C'è tanto da fare e gli ostacoli sono infiniti, come infiniti sono i nemici delel riforme».

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