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Fini insiste sull'Industria, Berlusconi glissa Oggi il faccia a faccia tra premier e vice. Miccichè ministro del Sud, nomine a Fs e Sviluppo Italia

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Al suo posto viene chiamato Francesco D'Onofrio, il capogruppo di un altro partito, l'Udc, accolto a braccia aperte dal vicecapogruppo degli azzurri Lucio Malan, uno degli uomini più vicini al Cavaliere. Insomma, nella maggioranza qualcosa funziona meglio, c'è una maggiore armonia. Non si può parlare di schiarita, al massimo di qualche passo avanti. Gianfranco Fini continua a insistere per ottenere una delega ma sembra tramontare l'ipotesi del «dicastero dello sviluppo» con la riunificazione di competenze dell'Economia (Tremonti non si tocca), delle Attività produttive e del Cipe. Prende invece quota la soluzione che vede restare il leader di An a Palazzo Chigi ma di assumere la guida del ministero di Antonio Marzano. Berlusconi non avrebbe opposto una ferma resistenza anche se due sere fa al titolare delle Attività produttive ha riconfermato stima e affetto. A difendere Marzano è soprattutto Sandro Bondi, il coordinatore di Forza Italia. Non vuole apparire, agli occhi del suo partito, colui il quale ha portato al termine della trattativa un posto in meno per gli azzurri. Ma ha anche detto al premier che «perdere un pezzo proprio ora significherebbe rovinare la festa di sabato», il Forza Italia day che celebrerà i dieci anni di nascita del partito. E proprio questo argomento frena il Cavaliere che non appare più irremovibile, è più aperto all'ipotesi di cambiare ora qualcosa nelle squadra di governo (appena una settimana fa voleva il rinvio a giugno). Bondi ha prospettato anche la nomina di Gianfranco Miccichè (oggi viceministro all'Economia) in ministro per il Mezzogiorno. Soluzione che non dispiace al Cavaliere. È proprio per questo Bondi che spargeva ottimismo a piene mani e dava per «vicina una conclusione positiva della verifica». Pochi istanti dopo arrivava la replica del portavoce di An Mario Landolfi: «Siamo lieti dell'ottimismo di Bondi e ci piacerebbe condividerlo. Non possiamo farlo perché non sappiamo su cosa si basi». Così, si va avanti con una partita a scacchi. Berlusconi va a Palazzo Chigi e poi a Palazzo Grazioli, dove riceve La Loggia e Romani. Fini nel suo ufficio dove vede La Russa, Ronchi e Landolfi, poi Viespoli e Urso per quasi due ore. Il viceministro alle Attività produttive potrebbe essere promosso o ministro del Commercio estero o in un dicastero oggi occupato da un tecnico (anche per lui si parla della Funzione Pubblica o dell'Innovazione Tecnologica). Anche Gianni Alemanno potrebbe avere alcune deleghe della Sanità in modo da trasformare il suo nel ministero dell'Alimentazione. Tutte ipotesi; qualcosa si capirà di più quando premier e vice s'incontreranno oggi. Nel vortice delle nuove nomine potrebbe arrivare anche tasselli di sottogoverno da rimpiazzare: Ferrovie dello stato, Sviluppo Italia e enti minori. Un appello pressante a dialogare all'interno della maggioranza e con l'opposizione arriva dal presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, secondo il quale sulle riforme costituzionali è «miope» non cercare il compromesso. «Il compromesso non è segno di vecchia politica o di una politica rinunciataria», sottolinea il presidente di Montecitorio, aggiungendo che «il compromesso soprattutto per i punti unificanti e sui minimi comuni denominatori è assolutamente inevitabile». A giudizio di Casini perciò, «gli aspetti costituzionali non possono essere disegnati come se gli altri non esistessero», e anzi «questo modo di ragionare è iniziato la scorsa legislatura per gravissima responsabilità del centrosinistra e rischia di continuare con il centrodestra», aggiunge.

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