Storace: «Ma che ci stiamo a fare in quel governo?»

Sono tributi da devolvere alla coalizione. Bene: ma quando sarà il nostro turno? Siamo succubi dei nostri alleati di governo. Quando, Berlusconi dirà ai suoi di votare la giornata della memoria sulle foibe? Quando sarà il nostro turno?». È sera quando Francesco Storace si fa sentire di nuovo. In maniera brusca, «alla Storace», forse esemplificando e generalizzando. Ma esprime un po' l'aria che tira dentro An. Dopo i niet di Berlusconi di fronte alle pressioni degli alleati impegnati a imporre una «svolta» nella coalizione, con l'obiettivo di un riequilibrio politico e governativo nel centrodestra, An e Udc sono uscite allo scoperto lanciando la loro controffensiva tutta giocata sul fronte delle riforme. E c'è chi ha parlato di ritorsione dei partiti di Fini e di Follini dopo l'irrigidimento del premier che ha alzato la voce per dire che la compagine governativa non si tocca, perché se si sposta una sola carta poi si determinerebbe un effetto domino dalle conseguenze pericolose. Ergo, le eventuali ambizioni governative del vicepremier possono per ora restare tali: Tremonti è più blindato che mai e così pure appare sempre più forte l'asse con Bossi, il quale dopo aver incassato la devolution, le assemblee macroregionali e una tabella di marcia parlamentare più che soddisfacente (il 22 gennaio il pacchetto riformatore sarà in aula), misura diplomaticamente la sua soddisfazione per non strafare e non irritare ancora di più An a Udc. I quali però, hanno deciso di non piegare la testa rilanciando sul tavolo della verifica proprio la carta delle riforme. Ed è possibile che anche la legge Gasparri, che sta molto a cuore al premier, possa diventare terreno di scontro nell'ambito della trattativa. E un forte significato strategico ha inoltre la mossa di oggi dei partiti di Fini e di Follini che hanno mostrato di gradire, e molto, la proposta di Rutelli sulle pensioni. Una soluzione, quella prospettata dal leader della Margherita, ovviamente alternativa alla riforma di Maroni che anche alla luce del messaggio televisivo del premier appariva ormai un punto fermo nel centrodestra. Tutti segnali di guerra, dunque. Anche se il ministro Gasparri (An) cerca di gettare acqua sul fuoco: «La verifica è una questione di giorni, non di settimane».