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Dopo i no di Berlusconi al rimpasto, i finiani alzano il tiro sul testo caro alla Lega. L'Udc s'accoda

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La Russa: «Non facciamo regali». Landolfi: «Noi chiediamo e gli altri incassano». Ma Calderoli non ci sta: «Non c'entriamo» Ritorsione di An, stop alle riforme di Bossi

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Non ha fatto a tempo a finire la frase Umberto Bossi, l'altra sera a Brescia, che già sono si sono aperte le prime crepe all'interno della maggioranza. An insorge sulle riforme e impone lo stop alla Lega. Anche se deve registrare, il partito di Fini, un nuovo round della polemica interna con le punzecchiature del presidente della Regione Lazio Francesco Storace. L'Udc si associa alle proteste della destra e si apre anche il dibattito al suo interno. A dare fuoco alle polveri delle polemiche è proprio il governatore del Lazio. Che annuncia subito: «È una fregnaccia risuscitare le tesi del professor Miglio con le assemblee macro-regionali». E aggiunge: «Però non è l'unica cosa che è successa. Ho letto che qualche deputato di Forza Italia sta raccogliendo firme al sud per chiedere che Fini faccia il ministro della Sanità contro Sirchia; non è un gran favore che si fa al presidente di An, perché la sanità è in mano alle Regioni. Poi leggo che in commissione passa anche la grazia a Sofri. Spero - conclude Storace - che la chiudano subito questa verifica perché non oso immaginare che altro si inventeranno». E infatti le riforme e la verifica sono temi che s'intrecciano per tutto il giorno. Tanto che a molti l'irrigidimento di An e Udc appare come una risposta alle porte sbattute in faccia da Berlusconi su rimpasti e altro. Tuttavia, subito dopo la sortita di Storace arriva la presa di posizione del coordinatore di An Ignazio La Russa: «Alla Lega abbiamo fatto un'apertura di credito su un punto, le macroregioni, che ha una valenza più simbolica che sostanziale. Se non ci sarà un clima di coesione e di condivisione generale non si capisce perché fare regali. La nostra apertura di credito non è irreversibile da qui al voto d'aula». «Vorrei sottolineare - aggiunge - che s'è votato su un punto che ha una valenza sostanziale assai limitata, concedere potere consultivo non intacca minimamente l'unità nazionale e non cambia di molto la situazione esistente». E ancora più esplicito il portavoce del partito di Fini, Mario Landolfi: «Sarebbe singolare che An chiede la verifica e a incassare il risultato siano altri». La Russa poi replica a Storace: «Francesco sbaglia: la nostra bozza non c'entra niente con la proposta di Miglio». Ma nel pomeriggio arriva la replica di Roberto Calderoli, coordinatore della Lega: «Non credo che il cambio radicale del Paese possa dipendere da cose diverse come la verifica o altro. Ritengo che i contenuti e la validità di una riforma non siano buoni o cattivi a seconda se vanno bene altre cose. Ricordo a tutti che la bozza è stata discussa alla presenza di Nania (capogruppo di An al Senato, ndr), poi condivisa e votata da tutti. Si tratta quindi di una cosa separata dalle altre». Ma non ci sta neppure l'Udc. Tuona il sottosegretario Mario Baccini: l'ipotesi della nascita del «Parlamento della Padania» come conseguenza dell'approvazione in commissione al Senato del testo sulle riforme «non sta né in cielo né in terra». Per questo, occorre una riunione dei parlamentari dell'Udc per approfondire questo tema, sostiene ancora Baccini che scrive al suo leader Marco Follini chiedendo di convocare gli organi del partito. Lo stesso fa anche anche il viceministro Mario Tassone. Follini non perde tempo e convoca per martedì i gruppi parlamentari. Ma Forza Italia glissa e il coordinatore Sandro Bondi afferma: «Tutte le forze politiche della maggioranza affrontano positivamente questo momento che ci consentirà di proseguire fino alla fine della legislatura, c'è un rinnovato impegno ed una rinnovata solidarietà e collaborazione. Un nuovo slancio ed una nuova determinazione che ci consentiranno di presentarci alla prossime elezioni con un rendiconto dell'attività del Governo totalmente positivo».

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