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di STEFANIA MORDEGLIA UN INNO alla revisione del Concordato, che nell'84 ha inaugurato ...

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Ma anche una forte nostalgia per la Prima Repubblica, per gli statisti (in particolare Craxi), i giuristi e i porporati di allora che, «con l'alta statura, le capacità e la moralità, mettono in ombra la classe politica di oggi». È stato questo il filo conduttore del seminario «Nuovo Concordato e politica ecclesiastica in Italia negli anni '80», organizzato a Palazzo San Macuto, a Roma, in occasione dei 20 anni della firma dell'accordo che modificò i Patti Lateranensi, firmato il 18 febbraio 1984 dall'allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e dal segretario di Stato, cardinale Agostino Casaroli. A rievocare la stagione di negoziati che portarono alla firma nel nuovo patto fra Stato e Chiesa sono stati gli architetti che hanno seguito l'evento in prima persona, come i cardinali Achille Silvestrini e Attilio Nicora, l'ex parlamentare socialista Gennaro Acquaviva (oggi coordinatore del Comitato ordinatore del Centro «Germani» per la ricerca storica sull'opera di Bettino Craxi), e altri protagonisti a vario titolo di quella trattativa, come Giuliano Amato, i giuristi Francesco Margiotta Broglio e Giuseppe Dalla Torre. Presenti al dibattito il cardinale Camillo Ruini, vicario di Roma, e politici di primo piano all'epoca del nuovo Concordato, come l'ex presidente della Corte costituzionale, Giuliano Vassalli, che non risparmia la commozione ricordando la figura di Bettino Craxi («Non si può non avere nostalgia»), e Gianni De Michelis. Il segretario nazionale del Nuovo Partito Socialista non si è limitato all'amarcord della Prima Repubblica, ma ha lanciato fulmini contro la Seconda, che «non è mai esistita». «Adesso che l'Italia scopre il rischio - ha affermato - si capisce che non è possibile liquidare la società democratica senza la vera politica. Bisogna chiedere ai dilettanti di accomodarsi e riportare la politica in auge. Oggi vige la logica del Far West, come dimostra la questione dei voti per la fecondazione assistita. Ma fra cinque-dieci anni ci si accorgerà dell'errore e ci sarà un nuovo Craxi». Acquaviva, che fin dal 1972 fu tra i consulenti di Craxi per il mondo cattolico, ha tracciato un ritratto inedito dei protagonisti del Concordato: «Di Craxi - che da bambino fece il chierichetto, pensò di entrare in seminario, e aveva una grande ammirazione per alcuni cattolici garibaldini - mi colpì sempre la curiosità, l'attenzione vigile, la voglia di capire il ruolo dei credenti in politica e l'azione della Chiesa in Italia». Anche per Acquaviva «la classe politica della Prima Repubblica era migliore della Seconda e nella Chiesa c'erano statisti oggi diventati impiegati». Per il cardinale Silvestrini «la revisione del Concordato nel 1984 fu merito di Craxi: è giusto dargliene atto. Oggi va reso omaggio non solo alla memoria, ma all'esempio che la classe politica di quegli anni dava al Paese, con la propria preparazione, consapevolezza e apertura alle esigenze della Chiesa». A suo avviso, «i problemi per la Chiesa oggi non vengono dallo Stato, ma dalla società civile». Per il cardinale Nicora «andrebbero affrontati alcuni aspetti di completamento esecutivo dell'accordo dell'84, in particolare relativi all'articolo 11, in cui si tratta dell'assistenza spirituale».

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