Il senatore a vita si racconta a Il Tempo nel giorno del suo compleanno

Ma non si è fatto vedere mentre faceva gli scongiuri. E noi continuiamo, perchè la festa vera è oggi, il giorno del suo compleanno. Solo che ora siamo noi a chiedergli un regalo per festeggiarlo. Un'ora e mezza di chiaccherata su una vita politica che non ha eguali. Che custodisce segreti e ricette, buone anche per l'oggi. Un'ora e mezza che inizia con una suorina pugliese che esce dal suo studio dove ha lasciato per Andreotti una cesta stracolma di orecchiette fatte in casa. Una visita forse inattesa, per cui salta un po' il ritmo degli appuntamenti. Ma anche la nostra chiaccherata andrà oltre le previsioni. E all'anticamera, come gli sarà capitato chissà quante volte nel passato, costringiamo Gennaro Acquaviva, il politico socialista che fece andare d'accordo Bettino Craxi con Belzebù, con la Volpe da mandare in pellicceria. Per anni la battuta più famosa di Andreotti è stata «il potere logora chi non ce l'ha». Così per festeggiare questi 85 anni abbiamo messo al centro dell'intervista proprio quel Potere. Che, secondo il senatore a vita, alla fine s'è logorato da sè. Finendo. Così Andreotti affresca oggi un'Italia dai poteri deboli. Deboli e anche squassati, come mostra il caso di Calisto Tanzi e della sua Parmalat. Un'Italia che secondo il politico che più l'ha guidata in questi anni potrebbe recuperare nel passato ancora tante lezioni. Certo adattandole. E a proposito di modi d'adattarsi, non le ha fatto impressione vedere un politico della sua generazione, come Oscar Luigi Scalfaro, arringare i girotondini? Io sono stato considerato uno che è invecchiato presto dal punto di vista politico. Fin da quando ero delegato nazionale dei gruppi giovanili. Sono convinto quindi che molte volte cercare modelli nuovi non significa trovarne migliori. Il presidente Scalfaro all'assemblea dei girotondini? È il frutto dello schema politico attuale, per cui uno o è di qua o è di là. Può darsi che la proporzionale abbia difetti, crei troppe forze politiche. Ma in fondo avevamo ottenuto la governabilità. Al massimo nella tradizione italiana c'erano stati governi da ventennio: la sinistra, Giolitti, il fascismo. Noi siamo durati 40 anni, con un sistema che ha retto. E ora? Ora ho una certa preoccupazione. Perché il contrasto fra opposizione e governo è più pregiudiziale che non fatto di confronti, di studio di alternative. Anche qui in Senato l'opposizione prevalentemente presenta emendamenti a migliaia. Per la legge sulla tv erano 5 mila. Si chiede in continuazione la verifica del numero legale. Ma proposte alternative nulla. Nemmeno il tentativo di concentrarsi su una legge per modificarne alcuni punti. Si è perduta l'abitudine parlamentare che avevamo, nonostante scontri terribili (ricordo quello sul Patto Atlantico, con tre giorni e tre notti di seduta e il tentativo di invadere il Parlamento). C'era comunque una certa dialettica politica. Che ora dovrebbe essere ricostruita. Anzi, costruita del tutto. Altrimenti la politica è un po' squallida. Che cosa manca alla politica di oggi? Cultura. Avevamo veri filoni culturali: la destra, la sinistra. Anche il partito monarchico, che Alcide De Gasperi sapeva anche apprezzare. Pochi lo ricordano, ma lui nel 1952 fece un discorso a Predazzo con un'apertura notevole al partito monarchico (cosa che non fece nei confronti del Msi, che definiva il partito del passo dell'oca, dei gambalati). C'erano scuole politiche, si cercava di educare le persone nei consigli comnunali o nei consigli provinciali. Adesso la sensazione è che l'unica bandiera sia quella della governabilità. Così si impoverisce la politica. Che infatti ha poco da fare. Poco da fare? Il Parlamento spesso conta poco. Guardi queste vacanze natalizie. Abbiamo fatto l'ultima seduta del Senato il 21 dicembre. La prossima è il 20 gennaio. Un mese di vacanza sembra davvero eccessivo. Ricordo, per es