An chiede decisioni comuni e attacca la Lega

Lunga e ampia la relazione tenuta ieri mattina da Gianfranco Fini di fronte all'Assemblea nazionale di An, convocata in un momento forse cruciale della vita del governo e della legislatura, e dopo le forti polemiche sviluppatesi nella destra a seguito della definitiva abiura rispetto a ogni retaggio del fascismo. Ma i problemi del partito sono stati in pratica glissati dal peso degli altri argomenti. Critiche alla Lega partono subito quando avverte che «non si governa mostrando i muscoli ma usando il cervello. Berlusconi ha perfettamente ragione quando ricorda che gli elettori moderati, cioè di centrodestra, non gradiscono le differenziazioni marcate e men che meno le risse tra le forze della Casa delle Libertà». «È evidente - aggiunge - che il pensiero va subito ad alcuni estremisti leghisti che, soprattutto nel centro-sud, determinano guasti non facilmente recuperabili che non possono essere sempre minimizzati soltanto perché Bossi "parla al suo elettorato"». Quindi critica anche Tremonti. «Nel delicatissimo e vitale comparto socio-economico abbiamo a volte avuto il sospetto che un certo egoismo geografico, il mito - dice Fini - del nord produttivo grazie al popolo delle partite Iva contrapposto alla presunta passività del centro-sud e del lavoro dipendente, sia presente nel pensiero del ministro Tremonti non meno che nei comizi del leader leghista». Pari dignità, reciproco rispetto ed effettiva collegialità, invece, «sono regole di comportamento che la coalizione deve osservare e che Berlusconi è chiamato a garantire» e anche se su questo si sono fatti passi avanti, prosegue, «il problema non è ancora completamente risolto». Quanto alle riforme istituzionali, «Bossi non ha ragione di essere diffidente né per minacciare. Il testo è stato approvato dal consiglio dei ministri» ma, prosegue, «noi non transigeremo» sul «no» al federalisno a due velocità, sulla riduzione del carattere di interesse nazionale, sull'esclusione della polizia locale dalle competenze regionali, sul chiaro riconoscimento del ruolo di Roma in quanto capitale d'Italia, sul legame fra voto degli elettori e governo che non potrà essere sostenuto da una maggiorana anche solo in parte diversa da quella uscita dalle urne. Sulla riforma della giustizia, ribadita la necessità e serietà del «lodo Schifani» e criticati i magistrati politicizzati, afferma che l'operato della magistratura non dovrebbe essere controllato da un organismo dominato da correnti della magistratura stessa. Un passaggio sulla grazia a Sofri: è stato condannato con sentenza definitiva per l'omicidio del commissario Calabresi ma è stata presentata come un indennizzo per un'ingiusta condanna e «non credo si possa consentirlo». Non possiamo pensare a questa grazia, aggiunge «senza provvedere in precedenza all' approvazione di una legge organica e completa che tuteli le vittime dei reati, ponendo sul tavolo della verifica il reperimento della copertura finanziaria per questo provvedimento di autentica giustizia». Quindi, la parte sulle prospettive dell'economia. Premesso che il governo si è trovato a operare in condizioni gravissime dato il «buco» ereditato da quelli precedenti e data la crisi seguita all'11 settembre, afferma che l'economia non sarà rilanciata senza aprire spazi consistenti per investimenti pubblici in reti e strutture. E qui altra nota sgradita per Bossi: la riforma delle quote latte, dice Fini, mette fine a molti anni di violazioni, ha il giusto gradimento di decine di migliaia di allevatori, e non si può derogare di fronte a forse un migliaio di sedicenti cobas che vogliono addossare il pagamento delle multe alla co