«Banche compiacenti, taciuto il rischio»
Le responsabilità del crack sono imputabili in gran parte al presidente del gruppo, ma sono anche le stesse banche ad aver avuto un atteggiamento sin troppo «compiacente» di fronte alle scelte industriali e finanziarie della Cirio e nella vendita i bond ai risparmiatori. A dubitare della affidabilità del sistema bancario italiano nella vicenda è Marco Onado, professore di Economia all'Università Bocconi di Milano ed ex commissario Consob, che per "Mercato, concorrenza, regole", la rivista diretta da Giuliano Amato edita da Il Mulino ha pubblicato «I risparmiatori e la Cirio: ovvero, pelati alla meta». «Il punto da accertare - scrive Onado - è se tutto questo gioco frenetico (di scatole cinesi, ndr) sia uscito dalla fertile mente di Cragnotti e abbia ingannato le banche finanziatrici, oppure abbia visto queste nelle condizioni di comprendere la sostanza del movimento o addirittura di assistere Cragnotti nella progettazione e nella realizzazione». A favore della seconda ipotesi gioca, secondo l'economista, il fatto che le banche hanno la possibilità di agire in base a informazioni riservate e di disporre di elementi più ampi e completi rispetto a quelli disponibili al mercato. Molte banche erano del resto presenti come azionisti nelle casseforti del gruppo e potevano dunque accedere a ulteriori informazioni. «Sostenere che esse sono state ingannate al pari degli azionisti di minoranza o degli obbligazionisti - continua Onado - significa sostenere che esse hanno clamorosamente fallito nel duplice ruolo di finanziatori e di azionisti». Ma le responsabilità degli istituti di credito non si limitano alla ipotizzata accondiscendenza verso le operazioni finanziarie messe in atto da Cragnotti (a partire dall'acquisto di Bombril), ma stanno soprattutto nella successiva vendita di obbligazioni Cirio ai risparmiatori. Tra il '99 e il 2002, spiega Onado, l'esposizione complessiva di Ciro aumenta e soprattutto si modifica la composizione. Le banche che nel '98 fornivano il 92% dei mezzi totali alla fine del 2002 sono scese al 25%. Mentre le obbligazioni passano da zero al 64%. «Tutte le obbligazioni - scrive ancora l'economista - sono detenute da privati risparmiatori. Nè le banche, nè un investitore istituzionale ha ritenuto conveniente investire un solo euro in questi strumenti». E poco credibile, continua, sono le affermazioni degli istituti secondo cui la domanda dei risparmiatori è stata spontanea. «Negare che il ricavato delle obbligazioni sia servito a rimborsare le banche è contrario all'aritmetica elementare - insiste Onado - La contemporaneità dell'aumento delle obbligazioni e delle diminuzione dell'indebitamento bancario può apparire come una semplice coincidenza solo alle menti più candide».