Voragine miliardaria nei conti Parmatour
Indagini su Cirio: da Cragnotti ceduta al gruppo la Eurolat già in crisi con l'ok della Banca di Roma
Anzi, secondo i commenti di alcuni inquirenti, non si riesce a vederne la fine e potrebbe emergere come «un'altra pattumiera del gruppo», stile Bonlat. E dire che solo pochi giorni fa l'ex patron Calisto era pronto a tappare le falle di Parmalat anche col patrimonio della società guidata dalla figlia Francesca, Parmatour. Non a caso il supercommissario Enrico Bondi gli aveva risposto con un laconico «dica piuttosto dove sono finiti i soldi». Una nuova risposta, più incisiva, è venuta ieri dagli ambienti vicini al Tribunale. Secondo quanto filtrato, infatti, il dissesto riscontrato va ben al di là di ogni immaginazione ed è ben superiore a quanto lo stesso Tanzi aveva anticipato negli interrogatori milanesi al pm Francesco Greco, quando aveva parlato di una distrazione di fondi di 500 milioni di euro nell'arco di alcuni anni. Il sospetto è che nella società turistica di Collecchio siano in realtà stati dirottati molti altri milioni di euro, 750 milioni secondo i più recenti riscontri. La stessa Parmatour, del tutto estranea al perimetro di consolidamento di Parmalat, nega ufficialmente il buco ricordando che la propria costituzione risale solo al dicembre del 2002 e che il bilancio del primo esercizio, chiuso alla fine dello scorso ottobre, deve ancora venir approvato. La Parmatour, in effetti, è nata dal conferimento delle attività che facevano capo alla Hit (Holding italiana del turismo), il polo turistico della famiglia Tanzi: un migliaio di dipendenti, i villaggi turistici, i tour operator (i marchi più conosciuti comprendono Comitours, Club Vacanze, oltre a Sestante e a Lastminute.com) e un debito bancario pari a 311 milioni di euro. Il vertice della Parmatour, comunque, è già nel mirino dei magistrati, con in primis proprio Francesca Tanzi, rimasta finora estranea alle misure disposte dai magistrati di Milano e Parma. Le vicende della Parmatour giungono così a una nuova svolta dopo il rimpallo di fine anno sull'acquisizione del gruppo turistico da parte di misteriosi investitori capitanati in Argho dall'avvocato Giacomo Torrente, con l'intervento altrettanto oscuro di Luigi Antonio Manieri, uno sconosciuto imprenditore, il cui ruolo nello show down del gruppo Tanzi risulta ancora da illuminare fino in fondo. Con l'anno nuovo, invece, le speranze di salvezza sono passate piuttosto a Sviluppo Italia e allo staff guidato da Massimo Caputi, con l'ipotesi di un affitto d'azienda. Sarà ora da valutare l'impatto su tali discussioni dei possibili sviluppi giudiziari. Il crac Parmalat non coinvolge solo le procure di Milano e parma. I magistrati romani che indagano sul crac della Cirio ritengono che l'acquisizione di Eurolat da parte della Parmalat (avvenuta nel 1999) dal gruppo di Sergio Cragnotti possa nascondere un'operazione che in procura viene definita perlomeno «strana». Per il pool romano non è chiaro perchè la Parmalat abbia acquisito una società che certo non era in buone condizioni e per quale motivo la Banca di Roma, che rappresentava entrambe le società (sia la Cirio sia la Parmalat) abbia dato l'ok all'operazione senza tenere conto delle difficoltà di Eurolat. Le carte relative all'acquisizione sono già state sequestrate il mese scorso presso la sede della Banca di Roma nel corso di una serie di perquisizioni disposte dal pool che indaga sul crac Cirio, il procuratore aggiunto Achille Toro e i pm Tiziana Cugini, Gustavo De Marinis e Rodolfo Sabelli. Eurolat venne venduta alla Parmalat per 334,8 miliardi di lire, una somma che la Cirio girò alla Banca di Roma in quanto sua creditrice. Non è escluso che nei prossimi giorni i magistrati si sentano con i colleghi di Milano e Parma titolari delle indagini sulla Parmalat.