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FRANCOFORTE — Da Parmalat al gruppo Kirch, da Mannesmann a Bankers Trust, dalla maximulta da 1,4 miliardi ...

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I fatti non lasciano spazio al dubbio: il nome di Deutsche Bank, da sempre sinonimo di autorevolezza e trasparenza tipicamente "teutoniche", compare ormai sempre più spesso nelle cronache finanziarie e giudiziare al di quà e al di là dell'Atlantico. E il crac della Parmalat - in rapporto al quale ha avviato un'indagine anche la Consob tedesca - che vede pesantemente coinvolta la filiale italiana del colosso del credito, è solo l'ultimo anello di una catena di scandali finanziari che hanno trascinato una delle più prestigiose banche del mondo agli onori delle cronache giudiziarie. Il 2003 era iniziato male per l'istituto di Francoforte, coinvolto insieme ad altri gruppi bancari nello scandalo legato al conflitto di interessi tra le attività degli analisti e quelle di investiment banking che facevano capo agli stessi gruppi. Ad aprile, infatti, alcuni grandi player internazionali - tra cui Deutsche Bank - hanno raggiunto con la Sec un accordo relativo a una multa da 1,4 miliardi di dollari, l'importo più elevato mai corrisposto negli Usa per violazione delle leggi finanziarie. Neppure un mese dopo, a metà maggio, l'istituto guidato da Josef Ackermann è finito sul banco degli imputati in Sudafrica con l'accusa di avere finanziato, insieme ad altre banche internazionali, il regime dell'apartheid. Il risarcimento chiesto dalle vittime della segregazione razziale, che accusano alcuni istituti di credito di avere sostenuto il governo sudafricano ai tempi dell'apartheid, è pari a 100 milioni di dollari. Decisamente meno onerosa (750.000 dollari) - ma non per questo meno imbarazzante - è stata invece la multa inflitta a Deutsche Bank, sempre negli Usa e ancora una volta dalla Sec, per il comportamento tenuto durante la fusione da 19 miliardi di dollari tra Hewlett Packard e Compaq. La divisione di investment banking dell'istituto tedesco, consulente di Hewlett Packard, in questo caso è stata sanzionata per non avere manifestato ai propri clienti il suo conflitto di interessi nella vicenda. Venendo alla Germania, il 2003 è stato costellato da almeno tre importanti vicende giudiziari. L'ex numero uno Rolf Breuer, attuale presidente del consiglio di sorveglianza, è stato condannato ben due volte per dichiarazioni inopportune rese alla stampa. La posizione più delicata sotto il profilo giudiziario, in ogni caso, sembra essere quella dell'attuale numero uno di Deutsche Bank, lo svizzero Josef Ackermann. Il banchiere è stato rinviato a giudizio dalla procura di Dusseldorf per avere autorizzato, insieme ad altri membri del consiglio di sorveglianza di Mannesmann, maxibonus per oltre 50 milioni di euro al top management della conglomerata tedesca a seguito della scalata vittoriosa condotta da Vodafone.

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