Tremonti: «Diamo un segnale ai mercati»
E ricordano la relazione Powell all'Onu sulle presunte armi chimiche di Saddam Hussein, sottolineando che non è necessario avere una prova schiacciante della colpevolezza del nemico per andare avanti. Per procedere alla guerra. Al di là delle descrizioni immaginifiche, il ministro dell'Economia ha intenzione di inviare in Parlamento la documentazione che metterebbe sotto accusa la Banca d'Italia sul caso Parmalat (al punto da chiederne il ridimensionamento). Una documentazione che riguarda la riunione del comitato del credito e del risparmio dell'8 luglio scorso quando Tremonti chiese a Fazio la situazione in generale del mercato obbligazionario, facendo esplicito riferimento a Cirio e Parmalat. E basta. Tremonti non aggiunse altro, e citò quelle due aziende perché in quel momento erano le due che avevano in scadenza i successivi bond. Ecco perché in via Nazionale ribattono che «quella non era una segnalazione, che invece è una denuncia circostanziata e precisa, non così generica e vaga». Ed è per questo, si fa notare, che Bankitalia decise che non era il caso di intervenire alla riunione del comitato che si tenne il 16 ottobre successivo, durante la quale «Fazio avrebbe dovuto dare delle risposte e invece nemmeno si presentò», come ha fatto notare Tremonti. In tutto la «prova» del ministro è un breve passaggio del verbale della riunione del Cicr di luglio. In tutto tredici righe. Tredici righe che hanno scatenato oramai una guerra che ha già coinvolto oltre che ministero dell'Economia e banca centrale, anche il Quirinale e Palazzo Chigi. E rischia di mutare profondamente gli assetti economici e finanziari. Lo schema d'accusa di Tremonti è tutto qua. Quel verbale, la segnalazione, la Banca d'Italia che non intervenne. Dunque, il sistema dei controlli non funziona, occorre un'authority del risparmio. E qui lo scontro si fa infuocato. Il ministro vorrebbe trasformare la Consob e darle anche una parte dei poteri di vigilanza di via Nazionale. Proprio questo punto divide le coalizioni e i partiti. Quasi tutta An e quasi tutto l'Udc è con Fazio, quasi tutta Forza Italia e tutta la Lega con Tremonti. Nell'opposizione, la Margherita vuole che il ministro scopra le carte, mentre quasi tutti i Ds non vogliono toccare i poteri di Fazio. Ciampi ha fatto capire chiaramente nel discorso di fine anno di stare con la Banca d'Italia: d'altro canto, ci ha trascorso quasi mezzo secolo divenendone anche governatore. Il presidente della Repubblica ha posto il suo altolà al progetto tremontiano. Ieri è intervenuto anche Silvio Berlusconi, al fianco di Tremonti. Ma, e questa è una novità, usando gli stessi concetti che il Capo dello Stato ha espresso la sera del 31 dicembre: «Proseguiremo sulla via delle riforme strutturali: nel settore pubblico, con meno spesa e soprattutto meno tasse, proprio per raggiungere uno sviluppo più elevato e duraturo; nel settore privato, con la revisione del sistema dei controlli, anch'esso ereditato dal passato, per evitare - avverte senza citare espressamente la crisi del gruppo di Collecchio - il ripetersi di scandali e ristabilire fiducia nel nostro sistema». Come dire: presidente, la pensiamo allo stesso modo. Il ministro dell'Economia negli ultimi giorni ha parlato a telefono diverse volte anche con colleghi del governo. I suoi sono stati toni più moderati. Ma su un punto il titolare del dicastero è stato chiaro anche parlando con i collaboratori: «Non possiamo rimanere fermi, il sistema dei controlli non va, fa acqua. E non possiamo permettercelo. La comunità finanziaria internazionale è molto scossa, dobbiamo dare un segnale dimostrando che stiamo correndo ai ripari. Il rischio è molto alto, ne va di mezzo il Paese».