In carcere altri sette della banda del buco
L'ex patron Calisto Tanzi si trova in quello milanese di San Vittore ormai da sabato scorso, dopo il fermo disposto dalla Procura di Parma a cui si sono aggiunti l'ordine di custodia cautelare emesso dal gip di Milano Guido Piffer per aggiotaggio e concorso in false comunicazioni dei revisori e l'accusa di calunnia formulata da Parma. È stato, però, mercoledì mattina che si sono verificati i «botti», con largo anticipo rispetto al veglione di San Silvestro: per altri sette (un ottavo è all'estero anche se ha preannunciato il rientro), tra ex amministratori, revisori dei conti e consulenti legali, sono scattate le manette, sempre per ordine dalla magistratura parmigiana. Militari della Guardia di Finanza di Bologna hanno notificato un ordine di custodia cautelare per associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta agli ex direttori finanziari Fausto Tonna e Luciano Del Soldato; ai revisori dei conti della società Grant Thortnon, Lorenzo Penca e Maurizio Bianchi (sospesi dalla società); ai contabili Parmalat Claudio Pessina e Gianfranco Bocchi e all'avvocato milanese Gianpaolo Zini, ritenuto l'inventore del sistema di società off-shore del gruppo di Collecchio. Il direttore di Parmalat Venezuela, Giovanni Bonici, che non si trova in Italia, starebbe appunto rientrando. Per Calisto Tanzi, alle accuse originarie si aggiunge dunque quella di calunnia, così come per Zini, il cui studio è stato a lungo perquisito dai militari della Gdf prima che l'avvocato milanese fosse portato a San Vittore. I due, scrive il gip di Parma Pietro Rogato, «in concorso tra di loro, con denuncia alla Consob, tenuta a riferire all'Autorità giudiziaria, incolpavano persone appartenenti alla Lehman Brothers di aggiotaggio in danno di Parmalat Finanziaria spa, sapendoli innocenti». La banca d'affari aveva risposto con una denuncia per calunnia all'esposto presentato alla Consob di Calisto Tanzi, depositato da Zini, il cui ruolo, secondo i pm Antonella Ioffredi e Silvia Cavallari, fu «essenziale nella predisposizione di raffinati strumenti finanziari» per raggiungere «gli scopi illeciti dell'associazione». A carico del legale anche l'accusa di aver inviato al commissario di Parmalat, Enrico Bondi, una lettera, il 22 dicembre scorso, quando era già esploso il caso dei falsi documenti di Bank of America, nella quale «partecipava il proprio impegno ad accertare la situazione finanziaria, fingendosi estraneo ai fatti». Non meno duro è il gip nel motivare le esigenze cautelari per Tonna, Pessina, Bocchi e Bonici, i quali «hanno dimostrato di non avere nessuna remora a compiere quanto loro richiesto» da Calisto Tanzi in relazione ai falsi Bonlat («dei quali anche Tanzi Stefano era a conoscenza», dichiarò Del Soldato) e alla loro distruzione. Il coinvolgimento dei due revisori, Penca e Bianchi, per il gip, «appare ancor più evidente e determinante a partire dal '98». Secondo Fausto Tonna, furono loro a proporre la costituzione di Bonlat per «occultare gli illeciti pregressi» di due società off shore delle Antille e proseguire nel sistema che serviva ad annullare contabilmente le perdite e nascondere le distrazioni. Fatti «di estrema gravita» e fonte di «un elevatissimo allarme sociale», per il gip Rogato che si accinge a interrogare, da oggi, gli arrestati i quali, a suo avviso, hanno avuto condotte «indicative di un'elevata capacità a delinquere», potrebbero fuggire deall'Italia, poichè dispongono di consistenti mezzi finanziari, «anche depositati su conti esteri», e inquinare le prove. Per quest'ultimo aspetto, il giudice segnala «la particolare pericolosita» di Tonna, Bocchi e Pessina, i quali hanno cominciato «una parziale collaborazione» con i magistrati solo dopo aver eseguito l' ordine di distruggere la documentazione falsa «impartito da Tanzi». Intanto la polizia ecuadoriana ha confermato ufficialmente che Calisto Tanzi è stato effettivamente a Quito, come aveva a