Tanzi ammette: «Ho preso 500 milioni»
La svolta arriva in serata. Una frase lapidaria di uno degli avvocati di Calisto Tanzi, Fabio Belloni, al termine di un lungo interrogatorio (di quasi quattro ore) che si è svolto ieri pomeriggio e condotto dai pm milanesi Francesco Greco, Eugenio Fusco e Carlo Nocerino. Qualcosa è cambiato, dunque, nella linea difensiva. L'imprenditore parmigiano, dopo il primo incontro con i pm durante il qquale aveva detto di aver preso «al massimo 500 euro» dalle casse delle aziende, ha scelto un'altra strada. Ammettendo di fatto una distrazione di fondi per mille miliardi dalle società (in particolare da Parmatour) ai conti personali. «Abbiamo parlato delle vicende che hanno portato al fermo - ha spiegato l'avvocato Belloni, - e ovviamente ci siamo intrattenuti su tanti argomenti». Il legale ha anche detto che è stata avanzata «un'istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, posto che riteniamo che non vi siano i requisiti per il mantenimento della custodia in carcere». Secondo i difensori «non vi è pericolo di fuga, nè di reiterazione del reato e neppure di inquinamento probatorio». Ma la giornata era stata dominata dalle durissime accuse contenute nell'ordine di custodia cautelare del gip di Milano Guido Piffer, per aggiotaggio e concorso in false comunicazioni dei revisori a carico dell'ex patron della Parmalat, e diffuse proprio ieri. Un «meccanismo fraudolento», durato dal '95 al 2003, di cui Calisto Tanzi era «perfettamente a conoscenza», essendone stato «istigatore e avallatore». E aggiunge: «non si vede come sarebbe potuto essere altrimenti, considerato l'enormità del dissesto che doveva essere occultato e che il Tanzi (e le persone della sua famiglia) era beneficiario delle condotte distrattive». E di questo meccanismo era parte integrante Bonlat. «Un sistema Bonlat - è scritto nella richiesta del pm - studiato e organizzato con l'ausilio dei revisori di Grant Thornton» (i cui responsabili, Lorenzo Penca e Maurizio Bianchi, sono indagati per associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta a Parma con lo stesso Tanzi). I revisori, nella ricostruzione dell'accusa, quando i compiti, nel '99, passarono per legge dalla loro società alla Deloitte & Touche «avevano consigliato di modificare il sistema sino allora utilizzato per occultare le perdite e le distrazioni e di costituire una nuova società offshore». Tutto questo avrebbe permesso, «come in effetti è avvenuto», di far continuare alla Grant Thornton la revisione di questo «comparto riservato». E della costituzione della Bonlat alle isole Cayman si sarebbe occupata sempre questa società di revisione. A questo va aggiunto, scrive Piffer nell'ordinanza, che è «circostanza pacifica» la diffusione di «notizie idonee ad alterare in modo sensibile il prezzo delle azioni ed obbligazioni del gruppo Parmalat». Questo per determinare «un prezzo notevolmente più elevato del loro valore effettivo, in particolare impedendo che emergesse la reale situazione di dissesto del gruppo». Questo è stato denunciato in un esposto del 19 dicembre 2003 della Consob al pm di Milano che, unitamente a un esposto dell'Adusbef, ha dato vita all'inchiesta milanese. Il gip prende, inoltre, atto della falsificazione degli estratti conto della Bank of America, finalizzata a coprire le perdite «con attività fittizia». E le perdite sarebbero state occultate anche con la creazione del fondo di investimento caymanense Epicurum. Così vennero occultati «crediti inesigibili, relativi a finanziamenti (distrazioni) effettuati a favore del Tanzi per circa 500 milioni di euro, nonchè per realizzare ulteriori distrazioni tramite depositi fiduciari». Questi depositi fiduciari erano gestiti dal consulente legale di Parmalat, Giampaolo Zini (anch'egli indagato a Parma). Tutte accuse che si aggiungono a quelle contenute nel provvedimento disposto dai pm di Parma con l'accusa di associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta in concorso con altre otto pe