Poche ore per salvare il Parma Calcio
La crisi della Parmalat si sta abbattendo sul Parma Calcio così come quella della Cirio ha coinvolto un anno fa la Lazio, ancora alla ricerca di un acquirente e di investitori per un aumento di capitale da 120 milioni. Per la società biancoceleste l'appuntamento definitivo è previsto per il 17 gennaio con l'assemblea dei soci; i gialloblù (quasi l'intero capitale è proprietà della Parmalat), hanno deciso di far slittare sine die l'appuntamento con gli azionisti. Convinti che nulla sarà più come prima a Collecchio oggi si torna a sudare, correre e saltare dopo un Natale da incubo. E a provare qualche schema per la prossima di campionato. Ma dentro quel centro sportivo che appare improvvisamente fragile fare finta di niente è un dribbling troppo complicato per tutti, calciatori compresi. Il Parma che si ritrova da questa mattina è un'altra entità, qualunque sia il suo futuro. Ora che la favola è finita e il patron Calisto Tanzi è un cavaliere disarcionato sul quale indaga la magistratura, la corsa sotto questo cielo lattiginoso non è per inseguire il pallone, ma per trovare i soldi e far quadrare i conti di un bilancio che lamenta un buco da 77 milioni di euro (di fronte ad un capitale sociale di 52 milioni). E la strategia adesso non è come superare l'Ancona il giorno della Befana, ma evitare il fallimento e non ricominciare dalla C2. L'obiettivo gialloblù è affrancarsi dalla Parmalat indebitata (che detiene il 98,7%), se possibile e se il supercommissario Enrico Bondi lo vorrà. Il gruppo alimentare ha un credito di 50 milioni di euro. Se rinuncerà alla somma (ma il nuovo presidente non è un appassionato di football e ci tiene ad evitare altri tipi di crack) la società potrebbe continuare a galleggiare da sola. Ma come? La prima ciambella di salvataggio si chiama Leite Ribeiro Adriano, asso brasiliano che verrà ceduto all'Inter per 22 milioni di euro, soldi versati subito con il brasiliano in nerazzurro già dal primo luglio. L'incontro di ieri tra il procuratore dell'attaccante di Rio de Janeiro, i dirigenti nerazzurri e quelli del Parma è stato «interlocutorio» - come ci si asppetava - ma la cessione è data ormai per certa. La società emiliana è convinta che la sola somma incassata da Moratti può bastare per tirare avanti fino alla fine dell'anno. La saggia politica al risparmio avviata da due anni potrebbe consentire di proseguire senza i soldi del latte ma il problema è che al momento non c'è una fila di acquirenti disposti a spendere cifre folli per acquistare i pezzi migliori. Lo stesso «mercato di riparazione» che si aprirà il 2 gennaio sarà all'insegna dell'austerity. Oggi era prevista in prima convocazione l'assemblea degli azionisti, la seconda è per il 9 gennaio. Ma è molto probabile che slitterà anche questa. Il rinvio è legato alla necessità di porre sotto verifica la documentazione sulla gestione finanziaria della società da parte della della famiglia Tanzi. Ma il direttore generale della società, Patrick Nebiolo, è ottimista. «Il Parma avrà un futuro. La società può salvarsi, ha un potenziale per rimanere in vita. Non smantelleremo» afferma, spiegando che la perdita di 77 milioni di euro può essere ripianata dagli azionisti, «e visto che il Parma calcio è al 98,7% della Parmalat l'ipotesi più plausibile è che ci sia una ricapitalizzazione da parte di Parmalat». «Ma visto che in questo momento la società non è in grado di adempiere a questo compito con liquidità, penso che si possa arrivare a una conversione di crediti Parmalat nei confronti del Parma calcio in conto capitale - sostiene -. Un'operazione senza esborso di denaro. La soluzione più logica e forse unica è la ricapitalizzazione anche per evitare che, con la liquidazione, i calciatori, che rappresentano il nostro patrimonio, si svincolino a parametro zero». Ed è anche possibile che alla ripresa del campionato, nella trasferta di Ancona, sulle maglie del Parma non appaia la sponsorizzazione Parmalat: «C'è un contratto commerciale - dice Nebiolo - Se non