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Maccanico (Margherita): «Sì all'urgenza» «Nel ddl ci vogliono le sanzioni forti»

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Sintetizza così la situazione Antonio Maccanico, ex ministro delle Comunicazioni e oggi deputato della Margherita (ha un feeling particolare con il Quirinale). Maccanico è più che ottimista sulle possibilità che il Parlamento vari un decreto per salvare Retequattro e Raitre, ma chiede un dibattito serio sulle questioni che hanno portato al rinvio del disegno di legge Gasparri. A quali condizioni potreste dare il via libera al provvedimento d'urgenza per evitare lo spegnimento di Retequattro e Raitre senza pubblicità? «Anzitutto, non li definirei così. Non ci può essere un testo che si limiti a evitare che Retequattro vada sul satellite. Insomma, non saremmo d'accordo». E su che cosa potreste essere d'accordo? «Penso che un eventuale provvedimento, che nel caso avrebbe un effetto molto limitato nel tempo, debba anzitutto recepire e valutare le motivazioni del presidente della Repubblica che hanno portato al rinvio alle Camera del disegno di legge». Recepire già nel testo del decreto? O nel successivo esame del disegno di legge? «Con il decreto deve esserci chiara la volontà di recepire e soprattutto valutare il senso del messaggio. Ecco, il punto chiave mi sembra questo: valutare». Se ci fosse questa espressione, si potrebbe discutere un sostegno da parte dell'opposizione? «Vedremo, mi sembra necessario partire dal messaggio del presidente della Repubblica. Quella è la base di partenza, mi pare ovvio». Nel messaggio di Ciampi si parla della necessità di un intervento che fissi oltre al dies a quo anche il dies ad quem... «Esatto, mi sembra un punto decisivo». Insomma, si invita a definire la fine della fase transitoria per il passaggio dal sistema attuale a quello del digitale terrestre. C'è un varco per il decreto? «Certo, basta rileggere la sentenza della Corte Costituzionale 466/2002». Quella sulla sua legge? «Esatto. In quella circostanza veniva sancito l'obbligo per Retequattro di trasmettere non più via etere, quindi di andare sul satellite. Ma si invitava anche a verificare se non vi fosse già un nuovo sistema che avrebbe cambiato l'intero settore». E la legge Gasparri individuava il sistema del digitale terrestre, andando a regime il quale non ci sarebbe più una posizione dominante di Mediaset. È così? «Bene. Allora, perché fissare una scadenza di un anno per verificare se il nuovo sistema è partito o meno? È evidente che si tratta di un tempo troppo ampio. Potrebbero andar bene otto mesi, ma anche sei o quattro. È importante però che in quel periodo l'Autorità abbia la possibilità concretamente di verificare se il nuovo sistema decolla e soprattutto bisogna stabilire delle sanzioni per chi non procede con l'avvio del nuovo regime». L'altro punto da modificare, secondo lei, è il Sic? «Procediamo con calma. Sarebbe già importante che venga riconosciuta la necessità di valutare le motivazioni del messaggio. Poi vedremo il resto. Aspettiamo che il governo faccia una proposta». F. D. O.

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