Decreto Ciampi, due mesi a Rete 4

Si rende, inoltre, necessario indicare il dies ad quem e, cioè, il termine di tale fase di attuazione». Quando al ministero delle Comunicazioni viene letto ad alta voce questo passaggio del messaggio del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi relativo al disegno di legge Gasparri, qualcuno pensa: «Ecco la soluzione». Nella stanza al primo piano del palazzetto di largo Brazzà, c'è, oltre altre allo stesso ministro, il capo dell'ufficio legislativo Francesca Quadri. È lei che ha tenuto i contatti con il Quirinale in questi giorni. È stata lei a seguire tutte le fasi di gestazione del ddl. Ed era stata proprio lei ad avvisare che al Colle, a poche centinaia di metri, qualcuno aveva seri dubbi. C'è anche Giancarlo Innocenzi, sottosegretario alle Comunicazioni: anche lui ha seguito passo passo il ddl e ha un filo diretto con il Cavaliere. C'è il direttore generale per le Concessioni e le Autorizzazioni, Laura Aria, nelle cui stanze il testo di legge è stato concepito. Arriva poi anche Alessio Butti, responsabile informazione di An. Si cercano soluzioni. Che fare per evitare che Rete4 venga spenta e Rai3 perda la pubblicità? Un decreto? D'accordo, ma cosa mettere nel decreto per evitare che Ciampi bocci pure quello? La soluzione, paradossalmente, è proprio nelle parole del Capo dello Stato che invita a cambiare lo schema su Rete4. Non più «provvisoriamente autorizzata a trasmettere» (senza un termine, aggirando la sentenza delle Corte Costituzionale), come stabilisce ora il ddl, ma dichiararla sostanzialmente illegittima. Aprire una fase nuova e dare un tempo definito perché si sani questa situazione. Insomma, una «soluzione sull'oggetto» chiede Ciampi. Sarà questo il punto fisso del decreto che il governo si appresta a varare. La possibilità di un provvedimento d'urgenza è stata confermata da Silvio Berlusconi a Strasburgo. Sul varo nella Cdl sono tutti d'accordo, anche se il segretario dell'Udc Marco Follini per ora non si pronuncia: «Non lo so», ripete. Bisogna intervenire, hanno affermato numerosi esponenti della maggioranza, per evitare il licenziamento di migliaia di lavoratori. Da giovedì, intanto, in commissione alla Camera riprenderà l'esame della legge sul riordino radiotelevisivo osservato dal Capo dello Stato. «Mi sembra - spiega il premier a Strasburgo - che ci sia la possibilità, che ci è stata indicata, di un decreto legge. Io credo che non ci siano rischi su questo», perché «non credo che ci sia nessuno che con la legge voglia mandare a casa mille persone a Rete4 e mille a Rai3». Secondo il ministro Claudio Scajola lo stesso messaggio di Ciampi «indica gli spazi per un intervento del genere». E i contorni di questo decreto sono stati delineati in un vertice di maggioranza con Fini, Gasparri, i due presidenti delle commissioni di merito della Camera, Ferdinando Adornato e Paolo Romani, il coordinatore di An, Ignazio La Russa e il capogruppo di Forza Italia Elio Vito. Qui è emersa l'ipotesi del doppio binario: un decreto che fa slittare la «dead line» per Rete4 e Rai3, per permettere che le Camere si pronuncino nuovamente sulla legge Gasparri, tenendo conto delle osservazioni del Quirinale. Il quale, secondo fonti parlamentari, non dovrebbe avere remore a controfirmare il decreto a queste condizioni. Se sul decreto sono tutti d'accordo, il problema è sulla legge. Fini insiste perché vengano recepite alcune indicazioni di Ciampi. L'Udc vorrebbe invece modifiche sostanziali al ddl. Il richiamo del capo dello Stato, sottolinea il capogruppo dell'Udc Luca Volontè, è sulla sostanza della legge e non «sui punti e sulle virgole». Bisogna quindi intervenire nel senso delle dichiarazioni di Ciampi, per evitare un «dissidio tra le istituzioni». Insomma, da ieri sera Fede è più vicino al salvataggio. Ma l