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Centrosinistra spaccato davanti a Di Pietro

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L'ex pm chiede un confronto a Fassino. D'Alema: questo è un Paese che ama le vittime

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Ieri l'ex pm con una lettera aperta a Fassino ha spiegato che il punto non è il suo ingresso nella lista e ha chiesto un confronto con i leader del «triciclo» per «ripartire da zero» con la Costituente del Nuovo Ulivo, come chiesto sabato da Guglielmo Epifani. Un invito che fa capire come, ad un eventuale via libera all'ingresso di Di Pietro, debbano seguire precise garanzie sull'apertura della lista ad esponenti di movimenti, con un percorso che riapra i giochi. Questo, mentre nell'Ulivo circola la voce che le liste dei candidati nelle varie circoscrizioni sarebbero già delineate e che si sta già studiando il simbolo del «triciclo». Ieri, come nei giorni scorsi, c'è stato un ping-pong di dichiarazioni dei vari protagonisti in campo, con la seguente fotografia finale: Ds possibilisti, con Massimo D'Alema che «apre», bocciando i veti e dicendosi disponibile ad un confronto per avere «precise garanzie» dall'ex pm. Margherita divisa, con Parisi sempre contrario, Rutelli incerto e Marini, Castagnetti e gli ex Ppi favorevoli a tenere la porta aperta a Di Pietro. Lo Sdi sempre di traverso, impegnato a confermare che se entra l'ex pm escono i socialisti. In tutto ciò emerge una forte insofferenza dei Ds per le minacce di Occhetto e Di Pietro di far nascere una lista alternativa. «Nessuno ha la legittimazione - ha detto Luciano Violante - per dare patenti di riformismo. Ultimatum non ne devono dare nè i socialisti nè Occhetto nè altri». L'atteggiamento da tenere con Di Pietro lo delinea poi Massimo D'Alema: «Nessun veto, ma tante questioni aperte da chiarire e una serie di garanzie da chiedere». Il presidente dei Ds ha spiegato i motivi che inducono alla cautela riguardo una partecipazione dell'ex pm alla lista Prodi, sottolineando però più volte come non sia il caso di porre veti: «Questo è un Paese che ama le vittime, vere o presunte, e che ne fa dei martiri... Io non ho pregiudizi politici, ma tanti "post-giudizi" che si basano su comportamenti e fatti di questi mesi non certo di poco conto». D'Alema cita in proposito il rifiuto dell'ex pm di votare la fiducia al governo Amato, «perché non gli piaceva il presidente del Consiglio». La scelta «di presentarsi da solo nel 2001, che ci ha fatto perdere le elezioni. Poi di dar vita ad un referendum da solo, senza discuterne con nessuno, malgrado gli avessimo chiesto di parlarne insieme. Niente, lui lo fa da solo, ma se lo perde, perdiamo tutti». Insomma, secondo D'Alema, Di Pietro «contro il centrosinistra ne ha fatte di più di Carlo di Francia» e «non è certo un campione di unità. Ci saranno a tal scopo degli incontri, già programmati, li farà Fassino, non io che sono un peone». Anche il «correntone» Ds è in agitazione, ma il coordinatore Fabio Mussi non ne fa mostra: «Sono mesi che mi affanno a dirgli che sarebbe finita così... Ora che si può fare?». La Margherita è divisa al suo interno, ma gli ex Ppi tendono la mano a Di Pietro. E tra un colloquio e l'altro con il socialista Villetti e con D'Alema alla Camera, Arturo Parisi, il più diretto referente di Prodi in Italia, sfodera l'aplomb dei momenti più difficili: «La lista unitaria - dice con un sorrisetto - va bene». Roberto Villetti spiega cosa succederà da qui a venerdì: «Semplice: Ds e Margherita incontreranno Di Pietro. Se alla fine diranno "Eureka!", abbiamo trovato un riformista, la lista se la faranno da soli con lui e noi ci presenteremo per conto nostro».

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