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E il Cavaliere prepara «Il mondo che ho in mente»

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Il titolo potrebbe essere «Il mondo che ho in mente», sulla falsariga di quello dedicato all'Italia per la campagna elettorale del 2001 E che cosa inserirà nel suo libro il Cavaliere? Certamente la dichiarazione di sette premier europei (tra cui lui) del 29 gennaio 2003, nella quale si afferma: «Il vero legame tra gli Stati Uniti e l'Europa è rappresentato dai valori che condividiamo: democrazia, libertà dell'individuo, diritti umani e Stato di diritto. Valori che oggi sono minacciati». Il 6 febbraio Berlusconi parla alla Camera e ricorda: «Il Governo si è attenuto ad un principio solidissimo: non vogliamo la guerra, ma non intendiamo mettere la testa sotto la sabbia; vogliamo la pace e, insieme, la sicurezza dei cittadini, che sono due facce della stessa medaglia». Il premier sottolinea anche che «la pace non è una facile proclamazione di principio; è invece una difficile costruzione politica, è il risultato di uno sforzo collettivo il cui scopo è di rimuovere, con la dissuasione diplomatica e con l'ultima ratio dell'uso misurato della forza, i rischi che la minacciano». Nove giorni dopo, in un'intervista al Foglio, il Cavaliere dice: «Solo la minaccia della forza può convincere l'Iraq a collaborare». Ma il 19 febbraio Berlusconi sfida la sinistra al Senato: «I "no" alla guerra, senza se e senza ma, non bastano di per sé a costruire la pace». Quindi attacca: «Le idee giuste, quelle che esprimono la leadership di una classe dirigente, non dovrebbero cedere di fronte alla partigianeria. Non è accaduto quando questa maggioranza era opposizione, durante la guerra del Kosovo; non dovrebbe succedere ora, a parti invertite». Un mese dopo il premier torna a Palazzo Madama quando oramai il clima è infuocato e la sinistra italiana accusa di illegittimità l'intervento Usa in Iraq e chiede al governo di boicottarlo: «Chiedete che l'Italia neghi agli Stati Uniti d'America quel supporto che, per fare un esempio, in Europa è già stato concesso e continuerà ad essere assicurato dalla Francia e dalla Germania, Paesi che la nostra sinistra ha sempre additato come un modello virtuoso da imitare». Infine, l'ultima stilettata: «La nostra speranza era che, in questa situazione, una situazione in cui è in giuoco l'interesse del Paese, voi sappiate dimostrare quello che dimostrammo noi quattro anni fa, quando eravamo minoranza nel Parlamento. L'Italia nel 1999 partecipò a una guerra che non aveva una esplicita autorizzazione dell'Onu. Non violiamo la realtà. Ma quella della liberazione della Serbia da un tiranno come Milosevic era una scelta giusta. Noi la appoggiammo perché pensavamo e pensiamo che la funzione dell'opposizione sia quella di partecipare al conflitto politico con un alto senso dello Stato. L'interesse nazionale viene prima di ogni altra scelta ispirata a interesse particolare». La sinistra non lo ascoltò. Ecco perché ieri Berlusconi aveva un motivo in più per gongolare. F. D. O.

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