Riforme, offensiva di pace della maggioranza
È stata ribadito la necessità di andare avanti e di aprire la porta al dialogo con l'opposizione sul potere del premier di sciogliere le Camere. Tutte le forze politiche, compresala Lega, si sono trovate d'accordo. Nel corso della riunione, Fini si sarebbe detto disponibile a rivedere la formulazione della norma contenuta nel testo di Lorenzago (che regolamenta l'eventuale scioglimento delle Camere), rilevando che su questo punto così istituzionalmente delicato sarebbe opportuno e corretto un confronto con il centrosinistra. In particolare il vicepremier fra l'altro avrebbe prospettato come soluzione un'ipotesi di sfiducia costruttiva. In sostanza, resterebbe in piedi l'impianto anti-ribaltone, ma in casi estremi di mancata fiducia nel presidente del Consiglio, si potrebbe derogare al suo potere di scioglimento delle Camere ed evitare così il ricorso anticipato alle urne. L'apertura, sottoscritta da Berlusconi, Fini, Bossi e Follini, è stata ufficializzata dal vicepremier che ha messo nero su bianco la disponibilità al confronto e alla ricerca del «massimo consenso possibile» sulle riforme. Resta fermo - ha sottolineato però Fini - «il principio della scelta diretta da parte degli elettori del premier e della sua maggioranza, e quindi l'impossibilità di qualsiasi ribaltone». Per ora, sembra ritrovata anche l'armonia tra Lega e An. Roberto Calderoli, ha rimarcato come tutta la Cdl abbia «condiviso l'apertura di Fini». «An - ha sottolineato l'esponente leghista - era il partito più legato al premierato ed era quindi giusto che fosse lui ad esprimere questa apertura». Andrea Pastore di Fi (uno dei saggi di Lorenzago che con gli altri tre colleghi, Nania, D'Onofrio e Calderoli, ha partecipato al vertice) ha spiegato la nuova versione «soft» sui poteri di scioglimento. Premesso che viene confermata la norma antiribaltone, «il premier può chiedere lo scioglimento delle Camere, ma la maggioranza, se non lo vuol seguire, indica un premier alternativo». È una «norma di garanzia che vuole evitare i casi di governo personale». In questo modo si evita il rischio paventato dai più critici, ossia che il premier possa arrivare a sciogliere le Camere anche contro la sua stessa maggioranza». Quanto all'«offensiva di pace» della CdL, Bossi non ha escluso che si possano accettare voti da parte dell'opposizione sulle riforme istituzionali e in particolare su federalismo e devolution. «Sono partito lavorando per gli interessi del nord e a chi lavora per la libertà non interessa se uno è di destra o di sinistra, interessa la libertà», ha detto, e ha dato atto a D'Alema di aver avviato «il processo federalista con la riforma del titolo quinto della Costituzione». «Se mi faranno fare il federalismo? Certo - ha commentato - non c'è il minimo dubbio», e ha sottolineato che nel progetto della sua riforma c'è tutto «l'insegnamento di Gianfranco Miglio».