La Triplice punta i piedi: la delega sulla previdenza all'esame del parlamento deve essere ritirata
Ma sulla delega del Governo, avverte il leader della Cisl Pezzotta, non c'è nessuna possibilità di confronto e con Cgil e Uil conferma: se la delega non verrà ritirata è inutile tentare di discutere. Maroni ha parlato di convocazione per mercoledì 10 o giovedì 11; tuttavia mercoledì è il giorno più opportuno perché è la vigilia del termine ultimo per la presentazione degli emendamenti alla delega previdenziale che è all'esame della commissione Lavoro del Senato. Ma non sono solo i sindacati a porre condizioni dure per riaprire il confronto. Lo stesso ministro infatti dice che «il tavolo si può riaprire» a patto che il sindacato «condivida un presupposto fondamentale: che la riforma delle pensioni è necessaria». Inoltre Cgil, Cisl e Uil, «dopo tanti no, dicano qual'è la loro proposta alternativa». Maroni critica, però, l'atteggiamento del leader della Cgil, Guglielmo Epifani che sabato «ha fatto un discorso non da sindacalista ma da leader dell'opposizione. Il suo complessivamente è un segnale negativo. Ma il mio giudizio sulla manifestazione - tiene a precisare - è positivo, non entro nella guerra dei numeri, tutto è filato liscio, e questo è bene. Valuto però il significato politico e dico che la Cgil da sola sull'articolo diciotto aveva portato in piazza molta più gente. E questo è un dato sulla capacità di mobilitazione». «I sindacati stanno lavorando e continueranno a lavorare insieme a una proposta», replica Pezzotta, che ribadisce che comunque non verrà fatta una proposta di modifica alla delega: «Se Maroni vuole una trattativa vera - dice il segretario generale della Cisl - sia chiaro che non si può partire dalla delega del Governo. Questa non può essere assolutamente la base di partenza di un confronto». Pezzotta, pur non chiudendo lo spiraglio aperto da Maroni, non lascia dubbi su come la posizione di Cgil, Cisl e Uil sia in questo momento univoca. «Non si illudano di dividere il sindacato sulle pensioni», dice il leader di Via Po, che nelle critiche rivolte da Maroni a Epifani sospetta l'ennesimo tentativo di spaccare il fronte del mondo del lavoro. Pezzotta, comunque, incassa la convocazione del ministro del Welfare come «un primo importante risultato ottenuto dalla manifestazione di ieri»: «Dopo mesi e mesi in cui il dialogo era stato abbandonato - spiega - il Governo forse ha deciso di ascoltare il sindacato. Vedremo nei prossimi giorni se alle dichiarazioni del ministro seguiranno i fatti». Dopo la prova di forza di sabato, i sindacati si sentono molto più determinati e uniti fra loro. «Se ci convocano - dichiara Adriano Musi segretario generale aggiunto della Uil - siamo pronti, e andremo preparati. Ma sia chiaro che Maroni dovrà dirsi disponibile a cambiare una riforma delle pensioni sbagliata e ad aprire col sindacato un confronto vero. Altrimenti tutto si risolverà in un dialogo tra sordi». E per la segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini, «o Maroni si dichiara disponibile a ritirare la delega sulle pensioni, oppure l'eventuale convocazione dei sindacati altro non sarà che l'ennesima finzione di un Governo che non ha alcuna intenzione di dialogare». E «se ci si chiederà di entrare in una logica emendativa della delega - aggiunge la dirigente sindacale - allora la riposta dei sindacati sarà no». Poi, anche la Piccinini respinge quello che definisce «l'ennesimo attacco alla Cgil e il solito tentativo di dividere i sindacati». «Ancora una volta - dice - si tende a differenziare la Cgil da una parte, e Cisl e Uil dall'altra. Ma qui Maroni commette un grave errore. Il clima della manifestazione di ieri è la dimostrazione più lampante di come i sindacati sono in questo momento più che mai uniti. I messaggi di Epifani, Pezzotta e Angeletti sono stati infatti caratterizzati dagli stessi toni, dagli stessi accenti, dalla stessa determinazione».