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Martedì inizia la battaglia sul lodo Schifani

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La decisione sull'incostituzionalità o meno della legge n.140 dello scorso giugno che sospende i processi penali a carico delle cinque più alte cariche dello Stato non sarà però immediata, così come accade per tutte le cause discusse davanti all'Alta Corte. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, imputato nel processo stralcio-Sme, sospeso in attesa della decisione della Consulta, ha presentato una memoria di 59 pagine, da lui stesso firmata, con cui chiede di dichiarare non fondate tutte le questioni sollevate dal Tribunale di Milano davanti al quale è imputato per la vicenda Sme. Martedì il premier sarà rappresentato davanti alla Consulta dagli avvocati-parlamentari di Forza Italia Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini. Anche la Cir di Carlo De Benedetti, parte civile nel processo Sme, si è costituita davanti alla Corte Costituzionale e verrà rappresentata dall'avvocato-deputato del Prc Giuliano Pisapia e dai professori Alessandro Pace e Roberto Mastroianni, che hanno presentato una memoria di 54 pagine con cui sostengono la «piena condivisibilita» degli argomenti proposti dai giudici milanesi. La presidenza del Consiglio sarà rappresentata dall'avvocato dello Stato Oscar Fiumara che nella sua memoria ha chiesto che la Consulta dichiari inammissibili o comunque infondate le questioni sollevate dal Tribunale di Milano. Numerose ed articolate le questioni sottoposte dai giudici milanesi alla Corte Costituzionale. Innanzitutto se l'art. 1 comma 2 del cosiddetto "lodo Schifani" violi ben 9 articoli della Carta costituzionale. Questione, questa, che il presidente della Consulta, Riccardo Chieppa, ha affidato al giudice relatore Francesco Amirante. Mentre il giudice costituzionale Annibale Marini illustrerà l'altra questione sollevata dal Tribunale di Milano, vale a dire quella relativa all'art.110 dell'ordinamento giudiziario del 1941 che non consente a un giudice applicato (nel caso specifico Guido Brambilla) di essere prorogato nel caso in cui intervenga una legge a sospendere il processo. La Consulta dovrà decidere se abbia ragione o meno il Tribunale di Milano quando lamenta che il lodo Schifani contrasta con il principio di uguaglianza perché avrebbe introdotto con una legge ordinaria, e non di rango costituzionale, una prerogativa ulteriore rispetto a quelle già previste dalla Costituzione e da leggi costituzionali successive in favore di chi è chiamato a ricoprire in favore delle cinque più alte cariche dello Stato. Prerogativa che impedirebbe l'esercizio dell'azione penale obbligatoria. Berlusconi, nella sua lunga memoria, contrasta, punto per punto, le argomentazioni del Tribunale di Milano. Premettendo, innanzitutto, che la ratio della legge è quella di salvaguardare le più alte cariche dello Stato, durante il mandato, dagli «inevitabili turbamenti conseguenti all'esercizio di ogni azione penale». Berlusconi insiste poi sulla principale eccezione mossa dai giudici di Milano, vale a dire la necessità di una legge Costituzionale. Non è così, ribatte il premier: nel sistema costituzionale non è affatto necessario che tutto ciò che riguarda le cinque alte cariche dello Stato sia regolato da legge costituzionale, anche perché la Carta nulla prevede per quanto riguarda i reati comuni. Il premier fa un'esplicita distinzione tra le immunità funzionali e quelle extrafunzionali, ricordando che queste ultime fanno sì che l'individuo che ne gode non possa essere assoggettato al processo penale per reati comuni commessi nel corso o prima del proprio incarico.

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