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Pensioni: Maroni punta i piedi e sfida i sindacati

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In apparenza, dunque, nulla si muove: le posizioni restano le solite. C'è però una novità. Maroni ha di fatto abbandonato la sua idea iniziale di far approvare la riforma previdenziale entro la fine dell'anno, rallentando volutamente il corso dei lavori della commissione Lavoro del Senato: «Ho presentato l'emendamento alla delega sulla previdenza dopo lo sciopero del 24 ottobre e ho concordato con il presidente Zanoletti il termine ultimo per presentare gli emendamenti al 10 dicembre, successivo alla manifestazione del 6 dicembre, sapendo che così sarà più difficile approvare la riforma entro l'anno. Il dialogo con il sindacato si può tenere aperto fino all'ultimo secondo a una condizione: che ci sia una proposta». Il ministro è stato critico con i sindacati: «Decidano di formalizzare una proposta: ci sono i termini, gli argomenti e, ieri, è arrivata la sollecitazione di Prodi ai Governi europei per una riforma del lavoro e della previdenza. Se i sindacati non accolgono le sollecitazioni del governo italiano, spero siano sensibili a quelle della Commissione europea». Ma in casa di Cgil, Cisl e Uil non c'è fretta di presentare la proposta alternativa. Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ne ha indicato le direttrici: «Occorre una proposta alta e strategica che parta dagli interessi delle persone, che affronti il problema dei giovani lavoratori che avranno una prospettiva di rendita più bassa, risolva il problema delle donne e dei lavoratori di cinquant'anni, quelli che le aziende considerano vecchi e mettono fuori». Per definire la proposta, ha chiarito Epifani, «ci vuole un rapporto con la gente, ci vuole un ragionamento centrale su fisco ed entrate perchè una proposta alta non si fa correggendo la spesa». Secondo il numero uno della Cisl, Savino Pezzotta, la riforma del governo «al massimo entro 60 giorni rischia di essere approvata, e se passa non si cambierà più». Per questo, il sindacato deve «mettere in campo una proposta per modificare quella del Governo, altrimenti vorrà dire che ci siamo rassegnati e io non voglio». Identica la visione di Luigi Angeletti: per il numero uno della Uil, il sindacato deve avere «il coraggio e la responsabilità di fare una proposta alternativa». Il motivo è chiaro: non esistono «vantaggi per il sindacato a essere rappresentato come una forza conservatrice che dice solo di no, in questo contesto economico ci sono solo danni».

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