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IN GERGO politico, gli addetti ai lavori lo chiamano «imbarazzo».

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Serve a far sapere indipendentemente che alcuni comportamenti non sono «piaciuti». Ed è proprio l'imbarazzo che il Quirinale, nelle ultime ore, sta facendo conoscere, anche se molto discretamente, per definire la vicenda che vede coinvolto il senatore a vita Emilio Colombo. Imbarazzo, ovviamente, è solo un eufemismo. Al Quirinale qualcuno sta passando delle brutte ore. L'affaire Colombo è assai complicato. Innanzitutto perché l'ex presidente del Consiglio è stato nominato senatore a vita appena dieci mesi fa, nel gennaio scorso. Ciampi non può far finta di nulla. Pare che a che sottoporre al presidente della Repubblica la richiesta di nomina a senatore a vita per Colombo siano stati influentissimi ambienti vicini anche a personaggi molto importanti del mondo cattolico. E si sta cercando, al Quirinale, di appurare se effettivamente nessuno sapesse nulla delle abitudini dell'ex premier. Se insomma davvero nessuno, anche tra le personme a lui più vicine, fosse all'oscuro dell'uso di droga da parte di uno dei maggiori esponenti della Dc. In queste ore, tuttavia, al Colle si sta studiando un modo per uscire da questa situazione. Anche perché dopo che lo stesso Colombo ha ammesso l'uso di stupefacenti, la vicenda sta diventando assai difficile da gestire e potrebbe diventare una patata bollente per la presidenza della Repubblica. Via d'uscita cercasi, dunque. Ma quale? Emilio Colombo non è dimissionabile. Una volta dato il titolo di senatore a vita, non può essere ritirato. L'unica possibilità è un gesto volontario, dovrebbe essere insomma Colombo scrivere una lettera in cui rinuncia all'incarico. Ma anche questa strada appare assai tortuosa. Esiste solo un precedente in materia. Quello di Arturo Toscanini che venne nominato inquilino di Palazzo Madama a vita il 6 dicembre del 1949. Il maestro si trovava negli Stati Uniti e non era stato informato preventivamente dal presidente della Repubblica dell'epoca Luigi Einaudi. Quando seppe, Toscanini mandò un telegramma in cui rinunciava. Passarono nel frattempo 48 ore. Quanto basta per poter affermare che un senatore a vita può dimettersi. A conferma di questa tesi c'è anche un corposo dossier di una quindicina di pagina fatto preparare da Francesco Cossiga. L'ex presidente della Repubblica lo utilizzò proprio un paio di anni fa quando annunciò l'intenzione (poi rientrata) di abbandonare il titolo. In quello studio, oltre a ricordare il precedente Toscanini, vennero anche messe sotto lente d'ingrandimento le discussioni dell'Assemblea Costituente per verificare l'effettiva volontà del legislatore quando venne istituita la figura del senatore a vita. Di certo venne individuato come meritevoli di nomina i «cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». E molti, al Quirinale, ritengono che Colombo non possa essere ancora tra questi.

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