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«Fini lasci stare Salò, quella è storia»

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Mantica: «In Medio Oriente l'Italia è super partes, due popoli e due Stati. Adesso veda anche Abu Ala»

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Accetta di parlarne Alfredo Mantica (nato pochi giorni prima della caduta del fascismo, il 17 luglio del '43), sottosegretario agli Esteri con delega al Medio Oriente, quindi proprio all'area d'Israele. Ma anche uno dei leader di Destra protagonista, la corrente maggioritaria di An, insomma l'ala moderata della destra. Ma premette: «Condivido il percorso intrapreso da Gianfranco Fini. Passo per passo. Trovo esaltante il processo di riunificazione della destra italiana, la sua maturazione verso un rassemblement alla francese, verso una formazione di destra europea. Condivido. E ritengo anche che sia stato doveroso da parte del vicepresidente del Consiglio andare in Israele. Soprattutto adesso». Bene, senatore. Fatta questa premessa come giudica il viaggio di Fini in Israele? «Penso che sia stato doveroso e condivisibile condannare le leggi razziali e anche spendere una parola di censura per l'atteggiamento d'indifferenza che allora, nel 1938, tennero gli italiani. Credo però che si debba tenere distinti i due livelli: la politica e la storia». E con questo cosa vuole dire? «Voglio dire: adesso lasciamo la storia agli storici. Noi facciamo politica, che è altra cosa». In concreto? Che cosa significa questa distinzione? «Voglio dire che fatta la condanna dell'antisemitismo di allora e di oggi e mi auguro non di domani, tocca alla politica. E la politica significa due popoli e due Stati. Dobbiamo continuare a lavorare su questa strada». Insomma, Fini dovrebbe incontrare Abu Ala? «Certamente sì. Certamente non in questo viaggio». E perché? «Perché questo è il viaggio di Gianfranco Fini, che è anche vicepresidente del Consiglio, in Israele». E non in Palestina? «Il programma del viaggio di Fini è perfetto». Forse dovrebbe dire qualcosa in favore dei palestinesi? «Guardi, certamente non devo essere io a consigliare il vicepremier. Dico però che il governo italiano è impegnato nello sviluppo della road map, nell'incontro tra Sharon e Abu Ala, ed è teso anche a ospitare una grande conferenza di pace». E pensa invece che l'Italia stia rinunciando a questo ruolo? «No, ripeto: il viaggio è giusto farlo così. Dopo il viaggio, non deve finire la spinta a parlare con entrambi e a farli parlare tra loro». Il ministro Tremaglia ha criticato Fini sulle parole di condanna della Repubblica di Salò. È d'accordo? «Con chi?». Con Tremaglia «Sono d'accordo. La storia agli storici». Che giudizio dà lei della Repubblica di Salò? «Ancora? Ripeto, sono un politico». Ma un'idea se la sarà fatta? «Non sono figlio di un repubblichino e non mi sono arruolato nella Rsi per ragioni di età. Posso dire che quando eravamo ragazzi ci è stato insegnato che chi partecipò alla Repubblica di Salò lo fece a titolo di difesa dell'onore dell'Italia. Ecco, quel sentimento l'ho sempre sentito mio e ancora oggi credo che a titolo individuale fecero una scelta che condivido». Non teme che An perderà consensi a destra? «Questo dimostra la grandezza dell'uomo politico Fini. Un grande leader non può guardare al contigente ma deve mirare alla prospettiva. E noi siamo con lui».

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